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La rubrica Antologia conduce un piccolo viaggio in parte della produzione letteraria elvetica. Obiettivo di queste brevi incursioni è di offrire un esempio di come la Svizzera è stata vista e conosciuta al di fuori dei suoi confini e di come i suoi autori si sono confrontati con il mondo o l’hanno rappresentata. In questa occasione avremo un assaggio della lunga novella “Romeo und Julia auf dem Dorfe” tratta dalla raccolta “Die Leute von Seldwyla” (1856), “La Gente di Seldwyla”, dello scrittore e poeta svizzero Gottfried Keller (Zurigo, 19 luglio 1819 – Zurigo, 15 luglio 1890).

Romeo e Giulietta di campagna – Quarta parte

Il vecchio Marti, lentamente e con le cure costanti della figlia Nichetta – che aveva mantenuto il segreto circa l’incidente capitato al padre – si riprese ma ci vollero tre mesi prima che il malato tornasse a una qualche coscienza che però non era più quella di un tempo: mangiava con grande appetito, era diventato ciarliero e tanto più parlava tanto più si capiva che l’intelligenza non era più la sua: rideva per scempiaggini, scherzava e faceva smorfie e a volte combinava cose così buffe da far ridere anche Nichetta che temeva quel suo rimambimento più della sua vecchia cattiveria.

Durante la malattia di Marti, il contadino che aveva comperato i campi di Manz, era riuscito ad avere la meglio nella lite giudiziaria per il famoso angolo di terreno pieno di sassi che aveva scatenato la tragedia che aveva rovinato le due famiglie così la casa e l’ultimo terreno della famiglia Marti furono messi all’asta e il vecchio internato a spese del Comune. L’istituto che doveva accogliere Marti era nella capitale della regione e così il vecchio, dopo essere stato di nuovo abbondantemente sfamato, fu caricato sul carro di un contadino che andava in città assieme alla figlia che lo accompagnava in quell’ultimo viaggio.

Arrivarono in città dopo un triste viaggio e raggiunsero l’istituto dove Marti fu accolto e gli venne data la divisa indossata da tutti gli internati: un camiciotto bianco ed un berretto di cuoio duro per proteggere la testa. Il vecchio prese la cosa con grande gioia, si mise a ballare e a chiacchierare salutando i nuovi compagni e la figlia dicendole di andar via serena che lui lì stava benone. Un infermiere lo zittì e lo accompagnò lì dove avrebbe lavorato.

Nichetta tornò al paese, si trovò, per la prima volta, sola nella casa che non era più sua e che di lì a due giorni avrebbe dovuto lasciare per sempre. Si fece l’ultimo caffè che le era rimasto e si sedette vicino al fuoco del camino, mentre era lì piena di tristezza entrò Sali, anche lui con l’aria patita e triste.

I due giovani si raccontarono le loro vicende, il padre di Sali si era messo in combutta con una banda di ladri e quindi in casa c’era un momentaneo benessere e grazie a quel via vai di estranei Sali era stato sempre informato di quanto accadeva a casa di Nichetta e così, saputala ormai sola, l’aveva raggiunta perché non sopportava la sua lontananza. Si divisero il caffè e Sali le chiese cosa avrebbe fatto della sua vita, “andrò a servizio in città” disse Nichetta, “non potrò stare senza di te ma non potrò mai stare con te perché hai picchiato mio padre e questo sarebbe un inizio terribile per la nostra vita insieme.”

Si addormentarono abbracciati e cullati dal grande amore che provavano l’una per l’altro. La mattina successiva decisero che l’indomani, giorno in cui Nichetta doveva lasciare la casa, Sali l’avrebbe accompagnata in città alla ricerca di un lavoro e che, per via, si sarebbero regalati una giornata di gioia e avrebbero ballato insieme come Nichetta aveva sognato. Decisero che sarebbero andati a ballare in due paesi vicino al loro dove si celebrava la festa patronale e dove nessuno li conosceva.

Tornato il città Sali vendette il suo orologio con la catena d’argento, comprò un paio di scarpette con il fiocco per Nichetta e tornò a casa. La mattina dopo si alzò presto e prese a pulire e sistemare il suo abito da festa, alla madre che chiedeva il perché di tanto impegno, rispose che andava a fare una gita; la donna, presa da commozione e malinconia guardando il figlio, gli diede un suo fazzoletto da annodarsi al collo che Sali mise intorno al colletto della camicia che per l’occasione aveva tirato su con baldanza.

Sali si recò sul luogo dell’appuntamento ma, fremendo per vedere Nichetta, poco dopo andò direttamente a casa di lei; la trovò già pronta che aspettava il momento di giusto per uscire, le mancavano solo le scarpe che Sali le fece calzare.

Una donna venne portar via il letto, l’ultimo mobile che era rimasto in casa e che Nichetta aveva subito venduto per avere anche lei qualche soldino, alla donna la ragazza chiese la cortesia di tenerle il fagotto con le sue cose che presto sarebbe tornata a prendere, non appena si fosse sistemata nella sua nuova casa a Seldwyla, le raccontò – insomma – un sacco di fantasie ma con tanto garbo e convinzione che la donna se ne andò lodandola e benedicendola.

Liberi da tutto Sali e Nichetta si misero in marcia per il paese vicino dove non vedevano l’ora di ballare insieme. Si fermarono in una locanda a fare colazione, gli osti, prendendoli per una giovane coppia di sposi, li accolsero con affetto e simpatia, li sistemarono ad una tavola apparecchiata con belle stoviglie e cucchiaini d’argento e piena di ottime cose da mangiare: il caffè forte e profumato, la panna e il burro freschi, i panini appena sfornati. Nichetta si godette tutto questo come fosse stata in una casa vera e propria.

I due ragazzi ripresero la strada e camminarono per campi e boschi, sereni e contenti, incontrando altre persone che si recavano alla festa del paese. La lunga camminata aveva loro messo fame così, giunti nel paese successivo, si fermarono per mangiare in una locanda dove si rifocillarono in allegria e dove furono scambiati per una coppia di futuri sposi.

Le strade del villaggio erano già animate da gente festante, Nichetta e Sali, desideravano ciascuno fare un regalo all’altro in quel giorno di mercato. Sali prese per Nichetta una casa fatta di panforte decorata con colombi, amorini e coppie paffutelle che si scambiavano baci, sulla porta d’ingresso era scritta una poesiola; Nichetta comperò invece un cuore su cui erano scritte ben due poesiole, una per lato. I ragazzi, incantati, lessero quei versi come fossero le più belle strofe che si potessero creare.

Intimoriti dalla presenza di alcuni compaesani che li avevano riconosciuti, i due giovani si allontanarono fino a raggiungere la trattoria Il Paradiso, un luogo dove, nei giorni di festa, si andavano a divertire i più poveri, i contadini, i braccianti e i vagabondi. Nichetta, malgrado tutto, quando sentì la musica non desiderò altro che ballare con Sali e così entrarono e si lanciarono subito in un valzer senza neanche guardarsi intorno.

Finita la musica i due ragazzi si accorsero che tra i musicisti c’era quel cupo violinista, erede non riconosciuto del famigerato campo che aveva portato tanta sfortuna. Questi li salutò, brindò alla loro salute e li invitò a divertirsi. Sali e Nichetta ballarono tutta la sera fino a quando nella sala non erano rimasti che i vagabondi che, strani e cenciosi, continuavano a danzare e sembravano avere amicizia con il suonatore di violino.

Quando ormai era notte fonda, Sali e Nichetta si ritrovarono in giardino e Nichetta, piangendo calde lacrime, gli disse che non poteva più separarsi da lui ma che non poteva neanche vivere con lui; Sali l’abbracciò, triste anche lui e con la mente che cercava una qualsiasi soluzione al loro amore, al loro desiderio di una vita insieme, poiché non vedeva come superare l’opposizione dei genitori, la povertà e le rinuncie cui sarebbero stati costretti e, non ultimo, il padre di Nichetta a cui lui, aggredendolo, aveva rovinato per la vita. Tutto questo impediva loro di poter trovare la felicità in un matrimonio regolare nel mondo che li giudicava.

Mentre erano presi dallo sconforto il violinista li apostrofò e suggerì loro di unirsi alla sua brigata, di andare con loro su per i monti dove non serviva un prete per poter celebrare un amore ma bastava la volontà di prendersi senza curarsi del mondo.

Rientrati nella sala i due giovani furono accolti da saluti ed auguri, il violinista inscenò una cerimonia di nozze e Nichetta e Sali, un po’ frastornati, lasciarono fare, contenti e spaventati allo stesso tempo, e dopo che tutti si furono congratulati con loro, la brigata partì verso i boschi suonando e cantando a più non posso in una sorta di corteo nuziale.
Il corteo attraversò il villaggio natale dei due giovani immerso nel sonno e proseguì verso i famigerati tre campi sempre guidato dal violinista che suonava una musica rabbiosa, i due ballavano selvaggiamente per cacciare il dolore e si baciavano tra il riso e le lacrime.

Ad un tratto Sali fermò Nichetta trattenendola per un braccio e guardarono il gruppo allontanarsi nella notte. Presero a parlare, non sapevano come fare a separarsi, non volevano separarsi ma non potevano stare insieme. Nichetta si rammentò di aver comperato un anellino per lui, un ricordo, gli prese la mano e glielo mise al dito; Sali allora prese dalla tasca quello che lui stesso aveva preso per Nichetta e glielo infilò. “Che bello”, disse lei, “siamo promessi sposi, siamo moglie e marito!”.

Il desiderio si faceva ardente ed impellente. I due si baciarono e Sali, di slancio, le suggerì di sposarsi, di consumare il loro amore e di andarsene dal mondo. Nichetta aveva avuto la stessa idea. Entrambi iniziarono a correre giù per la collina verso il fiume e verso un imbarco dove era ormeggiata una chiatta carica di fieno e pronta per partire il giorno dopo verso la città.
Rapidi salirono sulla chiatta, Sali staccò gli ormeggi, la barca partì dolcemente e, portata dalla corrente, scivolando sull’acqua, dondolando e ruotando su sè stessa fece da letto ai due innamorati. Verso l’alba, quando erano in prossimità della città, due figure strette in un abbraccio scivolarono nelle acque del fiume.

La barca proseguì il suo viaggio fino a fermarsi presso un ponte. Quando furono recuperate le salme fu facile ricostruire quanto era accaduto e, malgrado la triste storia dei due, si disse i giovani avevano rubato il barcone per consumarvi il loro amore illecito e immorale e che questo non era che un segnale della depravazione e della corruzione dei costumi dilaganti.

Rid. MdP