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Timbuctu possiede degli incredibili tesori storici. Vi sono conservati centinaia di migliaia di manoscritti antichi, alcuni risalgono all’XI secolo. Quasi tutti sono in arabo classico e sono stati compilati nei secoli da eruditi arabi e africani. Protetti sotto involucri di pelle di capra, questi testi secolari, che trattano soggetti assai diversi, come la matematica, la medicina, l’astronomia, il diritto o la filosofia, sono sopravvissuti alle numerose invasioni che hanno colpito la città nel corso del tempo.
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Secondo il sindaco di Timbuctu, una di queste biblioteche contenente manoscritti (il centro Ahmed Baba, che ospitava fra 60.000 e 100.000 manoscritti, secondo il ministro della cultura del Mali) ora sarebbe a rischio di distruzione a seguito dell’attuale conflitto che dilaga sul territorio del Mali. Se questo atto fosse confermato, si tratterebbe di un crimine culturale di grande ampiezza poiché questi manoscritti non appartengono solo alla cultura araba e africana, ma fanno parte della cultura dell’umanità intera.
I regni africani
L’Unesco e un istituto di ricerca finanziato da Sud Africani (il TimbuctuManuscripts Project) hanno avviato la digitalizzazione dei manoscritti, ma appena il 10% di questi preziosi rotoli sono stati per ora oggetto di questo lavoro di conservazione. I ricercatori sono rimasti stupiti da quanto scoprivano a poco a poco.
Si conosce molto poco di questi regni africani che si sono costituiti sulle sponde del fiume Niger e dei suoi affluenti, sul territorio dell’attuale Ghana e della Nigeria. Presenti almeno dal XII secolo, l’impero dei Songhaï, l’impero del Mali e il regno del Benin portano nomi evocatori e ben conosciuti da coloro che frequentano i musei, ma la vita quotidiana dei loro popoli resta ancora sconosciuta.
A partire dal materiale a loro disposizione, gli storici hanno tuttavia dedotto l’esistenza di una civiltà vasta e anche di un’amministrazione efficiente. Questi regni si dedicavano al commercio per centinaia di chilometri attraverso il Sahara, riscuotevano delle tasse e possedevano un esercito professionale.
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Nel XVI secolo Timbuctu era uno dei maggiori centri di apprendimento in tutto il mondo. Gli archivi conservati dalla città sono così ricchi che, durante la sua visita negli anni ’90, Henry Louis Gate, il presidente dell’Istituto per gli Studi Africani dell’Università di Harvard, scoppiò in lacrime. Avere sotto gli occhi la prova delle menzogne degli Europei, che avevano sostenuto che non vi fossero archivi scritti in Africa, l’aveva sconvolto. «Sapevo che l’anima del mondo nero era chiusa in quei bauli. L’esistenza di questi manoscritti mi affascina. Resto convinto che la descrizione dei grandi reami dell’Africa occidentale sarà trovata nei manoscritti di Timbuctu e che così come i viaggiatori arabi hanno scritto sulle società che hanno incontrato in Asia e in Europa, gli scrittori africani hanno descritto le società del continente africano».
Alcuni AA. affermano che pochi milioni di dollari potrebbero essere sufficienti a salvare tutti i manoscritti sopravvissuti di Timbuktu dall’oblio del deserto, a digitalizzarli ed a renderli disponibili on-line per gli studiosi di tutto il mondo. La storia delle civiltà ormai scomparse è sepolta nei deserti del Mali, scritta in una lingua che possiamo ancora leggere. (Tratto dal sito Caffè Dunant – bollettino n.504)