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In una intervista di Giuseppe Rusconi apparsa sul Giornale del Popolo lo scorso 2 ottobre, parla il cardinale Péter Erdö, relatore generale del Sinodo iniziato il 5 ottobre e che teminerà il 18 ottobre. La versione integrale è visionabile su Rossoporpora.
Cardinal Peter Erdoe
Eminenza, Lei è stato designato come relatore generale del Sinodo del 5-18 ottobre (ricordiamo che a questo ne seguirà tra un anno un altro, da cui emergeranno risultati concreti) e avrà dunque un ruolo di moderatore e di collettore delle istanze che emergeranno nel dibattito. Il Suo non sarà certo un compito facile, poiché, a leggere quanto è emerso nei massmedia (non raramente anche a firma cardinalizia), la discussione si prospetta agitata. Da quel che si è potuto capire, ci perdoni la metafora calcistica, assisteremo a una sorta di derby assai aspro tra un fronte cosiddetto conservatore (con tante porpore schierate a catenaccio, a difesa della porta della Dottrina) e un fronte cosiddetto progressista, animato da un fantasista come il card. tedesco Kasper e ispirato – questo il sospetto dei “conservatori” – da un suggeritore argentino di grande peso. Sarà proprio così?

In realtà non credo che si prefiguri uno scontro tra una dottrina un po’ astratta e una prassi staccata dalla fede, ma più realisticamente un dibattito attorno ai valori. Ed i valori sono quelli della e per la vita. Come scrisse Paolo VI nella sua grande esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, bisogna operare in modo che il Vangelo penetri la nostra propria vita, facendo tesoro però della tradizione e della fede della Chiesa. Bisogna dunque dialogare con gli uomini e le donne di oggi perché i valori evangelici siano non solo accettati, ma appaiano attraenti, in grado di rendere felice la nostra vita. La grande sfida è questa. Tale è l’argomento centrale del Sinodo, che non casualmente è chiamato già nel titolo a discutere delle “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto della nuova evangelizzazione”. Quel “contesto della nuova evangelizzazione” spesso viene però dimenticato nella presentazione massmediatica.

Nel fronte cosiddetto conservatore serpeggia il timore seguente: cambiando la prassi, l’approccio concreto e quotidiano, in materia di famiglia e nel senso della misericordia, non si indebolirà nel mondo cattolico la percezione della dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, pur formalmente non toccandola?

In tale contesto, conoscendo le esperienze nelle società di varie parti del mondo, è possibile una differenza di accenti a seconda del luogo in cui si vive. La mia esperienza mi suggerisce che la preoccupazione per la tenuta della famiglia è molto diffusa: in tanti si attendono una parola concreta, che possa essere messa in pratica nella vita quotidiana. Non si tratta di fare grandi discorsi teologici o pastorali, ma di riuscire a incidere positivamente sulla vita di tante famiglie. Dobbiamo essere fedeli al metodo usato durante il Concilio ecumenico Vaticano II con grandi e profonde riflessioni teologiche i cui risultati sono stati offerti alla vita della Chiesa.

Allora Lei non teme che nel popolo cattolico si riduca, a causa di decisioni sinodali, la percezione dell’indissolubilità del matrimonio sacramentale…

Fondandoci sui contenuti dell’Instrumentum laboris, frutto anche delle risposte date al Questionario elaborato dalla Segreteria del Sinodo (che è il documento-base per la nostra assemblea), possiamo già ritenere che la maggioranza dei cattolici del mondo sa che il matrimonio sacramentale non può essere sciolto per volontà delle parti contraenti. Non è un rapporto a tempo, non è solubile. Su questo c’è una vasta condivisione, magari non per motivi teologici astratti, ma biblici e di Catechismo della Chiesa.

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