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Serata ricca di emozioni al Teatro Vittoria martedì scorso, con il concerto-spettacolo del regista Pino Strabioli e la voce di Syria.

Uno spettacolo che per molti versi ha sconfinato dai limiti dello spazio-teatro ed è entrato attraverso la forza dell’immaginario nelle vie di Testaccio, Trastevere, Monti, aprendo con realismo, con ironia, con passione e con leggerezza squarci di Roma, memorie ancora molto vive di una città che sta scomparendo.

Il vastissimo repertorio coltivato da Gabriella Ferri nel corso della sua vita artistica non si è limitato a brani di ispirazione romanesca, e perciò nella serata a lei dedicata Syria ha proposto un ampio ventaglio di canzoni legate anche al mondo dell’avanspettacolo, come “La Pansè”, “Dove sta Zazà”, brani di ispirazione napoletana ed anche melodie di cultura sudamericana, quale lo stupendo “Grazie alla vita” (da “Gracias a la vida” di Violeta Parra) lasciando spazio a a brevi letture dai diari e a ripetuti momenti di clownerie.

Si può anzi dire che il rapporto della Ferri con la dimensione della clownerie sia emerso nel corso dello spettacolo come una delle vene ispiratrici dominanti della sua produzione artistica, e le pagine citate dai diari rafforzano l’immagine di una donna forte nel sentire, gioiosa e malinconica, ironica, ingenua e disincantata.

Alternate a letture e brevi registrazioni live della Ferri in studio,dagli archivi RAI, tante, tantissime sono state le melodie popolari romane interpretate da Syria, da quelle della Roma ottocentesca e novecentesca, da “Nina si voi dormite” a “Barcarolo romano”,

“SInnò me moro”, “Le mantellate”, “Zelletta” , alla finale raffinata e dolente citazione di Pasolini.

La bella ed intensa interpretazione di Syria ha riacceso a tratti il contatto con il grande personaggio della Ferri, che dalla fine degli anni sessanta rispondeva alla forte tendenza anglofila dei gruppi giovanili con un richiamo altrettanto forte e sinceramente istintivo alla ricchezza della cultura testaccina e trasteverina.

Si è creata così per il pubblico una sovrapposizione di livelli, uno sdoppiamento tra memorie acquisite in anni passati, di Roma e della sua musica, della grande interprete, e il presente, uno spazio pur sempre vivo in cui entrare per dialogare, aprirsi per intrecciare nuovi fili.

In questo il vero successo dello spettacolo, dovuto alla intelligente regia, alla ottima interpretazione di Syria e molto applaudito: quello di aver alimentato la partecipazione del numerosissimo pubblico, di aver riaperto forse delle ferite, ma di aver in questo modo attualizzato un processo di memoria, che trova nella musica, nell’artista, nella città e nella coralità la sua ragion d’essere.

Magda Pedace