La rubrica Antologia propone un viaggio letterario sulla Svizzera, la sua cultura, la sua natura e le sue istituzioni; una panoramica su come è stata percepita e conosciuta al di fuori dei suoi confini e come lei stessa si narra. Di volta in volta un racconto, l’estratto di un romanzo o di un saggio ci offriranno uno spaccato di queste visioni del mondo.
Questo racconto è tratto dal volume “Traditions et légendes de la Suisse romande”, una raccolta fiabe e leggende della Svizzera romanda edita da Daguet nel 1872 che raccoglie gli scritti di vari autori.
Il fantasma di Planfayon
Era stata un’estate molto piovosa, ma il desiderio di esplorare le belle montagne del cantone di Friburgo ma prendeva sempre più. Che risveglio gioioso e che soddisfazione provai nella mia tranquilla cella quando il barometro finalmente annunciò il ritorno di giornate soleggiate. Preparai la mia borsa da viaggio, presi il mio bastone da montagna e mi trovai, in un batter d’occhio, in cima alla brusca rampa del Bourguillon, ai piedi della torre che corona la collina. Paragonai il sentiero appena percorso, alla proboscide di un gigantesco elefante che scende torcendosi tra rocce a perpendicolo e si immerge in profonde cavità fino alla riva della Sarine. Dalla torre potete vedere alla vostra sinistra la catena blu del Jura, che si estende fino al Chasseral. In primo piano, la città libera di Berthold IV, con i suoi bastioni, le sue chiese, i suoi conventi, le sue porte, le sue torri, i suoi ponti, i suoi palazzi, le sue strade, i suoi prati e i suoi giardini, il tutto raccolto in una grande accozzaglia disposta ad anfiteatro. Il Collegio dei Gesuiti sembra dominare la città come un Campidoglio, così come la torre gotica merlata della collegiata di Saint-Nicolas. Più avanti, scopriamo le allegre ville di La Poya, Granfey e Villars-les-Joncs. Più vicino ancora, l’oscura valle del Gotteron e la Sarine che serpeggia tra le alte rocce.
Traendo nuovo coraggio da questa vista superba, seguii un sentiero fresco, fiancheggiato da un’ombra deliziosa dove gli uccelli cantavano e cinguettavano a loro agio. Fu così che raggiunsi la chiesa di Bourguillon. Mi sedetti su una lapide del cimitero e scrissi qualche nota sul mio diario di viaggio.
Alcune ore dopo, arrivai a Eck e da lì, passando per colline smaltate di verde, entrai nel villaggio di Planfayon, dove mi riposai. Questa volta, il mio barometro aveva detto la verità. Un sole benevolo aveva dissipato le nuvole e la nebbia, rischiarando il cielo e la terra con la sua luce calda. Appena ripresomi dalle fatiche, girovagai per il villaggio e per l’Almend, che era stato disboscato e la cui produzione agricola era stata così saggiamente aumentata.
La sera, quando il sole non rischiarava più che un lato della valle, andai su una piccola altura chiamata Plascha, di fronte al villaggio. Da ovest a nord, potevo vedere una serie di colline sovrapposte l’una sull’altra, punteggiate di piccole frazioni, case di paglia, boschi, prati e campi. A sinistra scorre il Dütischbach, che attraversa la pianura rendendola fertile e sfocia nella Singine a Sensenmatt. Su questo lato si apre una vista che permette allo spettatore di immergersi nell’azzurro infinito del cielo. A est si trova il Guggershorn. Ai piedi della montagna il villaggio di Guggisberg, la cui incantevole chiesa bianca era dorata dagli ultimi raggi del tramonto, mentre le ombre riempivano la valle.
Rimasi ad ammirare questo spettacolo fino a notte fonda. Tornai alla locanda, dove risuonavano i canti e le rumorose chiacchiere dei bevitori. Il frastuono era assordante. Fuggii rifugiandomi in una stanza vicina con un mio amico e alcuni conoscenti. Le nostre chiacchiere toccarono una vasta gamma di argomenti e le leggende popolari non furono dimenticate. Uno di noi raccontò quanto segue:
– Molto tempo fa, credo verso la fine del XVII secolo, un orribile fantasma si aggirava per le strade e i sentieri che vanno da Bourguillon a Hohen-Stein, dove si attraversa il Warme-Sense, un affluente della Sarine. Il fantasma sembrava gradire particolarmente Planfayon.
Se lasciato in pace, non faceva alcun male ma grave danno arrivava a chi osava disturbarlo. Questo fantasma era soprannominato Nachthund, perché assumeva la forma di un cane, o Gassentoetscher.
Alcuni giovani e maliziosi nottambuli uscirono dalla locanda cantando e gridando. Quando passarono davanti alla fontana del villaggio, avvistarono l’animale fantasma. Da lontano, gridarono:
– “Olà! Gassentoetscher, hai ancora sete?”
Immediatamente un cane rosso come il fuoco bloccò il loro cammino.
– “Ehi!”, dissero, “lasciaci passare”.
Ma il cane puntò contro di loro la sua lingua infuocata, lunga come un palo.
Spaventati, cercarono di prendere un’altra strada. Ma ecco che apparve loro un gigantesco bue, che li terrorizzò con i suoi muggiti e con lo strano bagliore proiettato dai suoi enormi occhi. In preda ad una angosciosa paura, i giovani tornarono sui loro passi. Un nuovo fantasma, grande come un fienile, si stagliava davanti a loro.
Il terrore dissipò i fumi del vino; riuscirono a fuggire in uno stretto vicolo e tornarono alla locanda, dove bussarono tremanti, chiedendo un alloggio per la notte.
È facile immaginare che il sonno non arrivò tanto presto a porre fine alle loro intense emozioni.