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Commento al primo turno delle primarie del PD – di Giuseppe Rusconi – apparso sul Corriere del Ticino del 27.11.2012.

Qualche considerazione sul primo turno delle primarie della coalizione di centro-sinistra. Se le confrontiamo con le tre occasioni precedenti, quelle di domenica sono state le prime in cui la sfida è stata seria, senza che ci fosse un vincitore certo al primo turno. Infatti le primarie di coalizione del 2005 si tennero per consacrare plebiscitariamente Romano Prodi come rivale di Silvio Berlusconi. Nel 2007 fu plebiscitato Walter Veltroni e in quelle del 2009 Pierluigi Bersani divenne (con qualche fatica in più) segretario del Partito democratico. Questo considerato, la partecipazione di domenica – tradottasi in 3,1 milioni di elettori -non appare come un trionfo, se pensiamo che nelle altre primarie di coalizione del 2005 votarono in 4,3 milioni. Il dato di domenica è pari in effetti a quello del 2009, in cui si espressero solo gli elettori del Pd. E’ vero però che, nel clima di grave disaffezione dilagante in Italia verso la classe politica, non è irrilevante il fatto che più di tre milioni di cittadini (italiani e domiciliati con passaporto Ue e permesso di soggiorno), versando un obolo di due euro, abbiano deposto una scheda nell’urna.

Si affronteranno al ballottaggio di domenica, come previsto, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. I loro comitati stanno in queste ore litigando sul numero di voti ottenuto e sulle percentuali, mentre permane una sorta di mistero sul blocco dell’aggiornamento dello spoglio registratosi per molte ore dopo le due (forse per la grande confusione registrata al sud). Al di là però degli scambi rudi sui numeri e sulle regole, resta il fatto che si sfideranno solo l’uomo degli apparati, Bersani (“un usato sicuro”), e il ‘rottamatore’ Renzi, cui gli avversari rimproverano (oltre a un atteggiamento molto berlusconiano) i legami con certa finanza.

E’ evidente che la settimana sarà calda. Per Bersani si tratta di aggiungere ai propri i voti confluiti su Nichi Vendola (sinistra dura e libertaria): probabilmente dovrà pagar pegno con insolite arditezze sul Governo Monti, sul tema del lavoro e sui cosiddetti ‘nuovi diritti’. Da parte sua Renzi anche ieri, non potendo razionalmente sperare di rosicchiare voti vendoliani, ha fatto appello ai delusi del centrodestra più che non ai centristi (in buona parte cattolici e perciò piuttosto allergici a una certa sua spregiudicatezza riguardo alla dottrina sociale della Chiesa, di cui fanno parte anche i ‘valori non negoziabili’ su vita e famiglia). E’ opinione comune che il ‘rottamatore’ non riuscirà a battere un Bersani ‘allargato’ fino a Vendola.

Ancora una curiosità. Renzi ha battuto Bersani in alcune regioni ‘rosse’: Toscana, Umbria, Marche, con buoni risultati pure in Emilia-Romagna. Anche in quelle regioni ‘sacre’ dunque una parte dell’elettorato, votando Renzi, ha voluto ‘rottamare’ l’apparato del Partito democratico, certo in non pochi casi ‘aiutata’ dall’infiltrazione di elettori di centro-destra (come ha dichiarato il segretario del Pd di Bologna).