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articolo di Giuseppe Rusconi apparso sul ‘Corriere del Ticino’ del 5 settembre 2013;
bechara rai
Nel Medio Oriente anche il Libano (scosso nelle ultime settimane da gravi attentati) sta vivendo ore febbrili per le disastrose ripercussioni che un’operazione militare in Siria avrebbe sui suoi fragili equilibri di Paese con forti componenti cristiane, sunnite e sciite. Abbiamo sentito il parere del patriarca maronita Béchara Boutros Raï, tradizionale garante dell’unità del Paese.
È stato sorpreso dal recente duplice attentato di Tripoli?
«Purtroppo negli ultimi tempi la violenza è notevolmente aumentata. Non ci si aspettava però così tanta crudeltà, soprattutto perché le vittime sia degli attentati di Tripoli che di quello precedente di Beirut sono stati bambini, anziani, uomini e donne che non c’entravano nulla con i conflitti politici. Tali attentati sono legati alla guerra in Siria e al conflitto regionale tra sunniti e sciiti». Si può immaginare che dietro i recenti attentati in Libano vi sia la volontà di far precipitare il Paese in una nuova guerra civile?
«Dal luogo e dal tempo in cui sono stati compiuti gli attentati, emerge chiaramente che gli autori mirano a contrapporre gli sciiti ai sunniti e a infiammare la miccia del conflitto civile in Libano. Tuttavia, grazie a Dio e alla volontà dei cittadini e al loro rifiuto delle guerre e della violenza, questi criminali attentati e micidiali piani non sono riusciti per ora a raggiungere i loro obiettivi. La gente non vuole più guerre, però lo spirito maligno e la volontà del male stanno insidiano ancora tante anime e tentano sempre di immettervi il seme della discordia. Il Patriarcato sta facendo tutti gli sforzi necessari per giungere ad una riconciliazione sociale tra sunniti e sciiti. La riconciliazione politica è invece legata allo sviluppo del conflitto confessionale sunniti-sciiti, cioè tra Arabia Saudita e Iran». La Primavera araba è caratterizzata da profonde divisioni tra sciiti e sunniti, tra moderati e fondamentalisti. Crede che anche in Libano si stia sviluppando uno scenario analogo?
«Spero di no, ma gli eventi dimostrano purtroppo che qualche perversa strategia si sta già cercando di imporsi sulla piazza libanese. Noi cerchiamo di far capire a tutti e soprattutto ai nostri politici che le divisioni, la violenza e le armi non hanno mai risolto i problemi, anzi, li hanno sempre complicati e a caro prezzo. Occorre invece mettersi attorno a un tavolo per discutere insieme e risolvere i problemi con il dialogo tra fratelli e ponendo come priorità il bene comune, la salvaguardia delle istituzioni dello Stato e la pace sociale. Quanto alla Primavera araba non può essere raggiunta mediante la violenza e la guerra».
Alcuni Paesi occidentali (oltre a qualche Stato arabo) hanno aiutato materialmente sia i Fratelli musulmani in Egitto che gli insorti anti-Assad in Siria. Perché? «Noi temiamo che l’aiuto ai Fratelli musulmani o ad altri gruppi fondamentalisti in Egitto o in Siria sia fatto solo per fomentare interminabili guerre e mettere gli uni contro gli altri a scopo di contribuire, in questo modo, alle divisioni e alla frammentazione dei Paesi arabi e alla creazione di piccole isole gestite da regimi fanatici. Questo piano non solo elimina i Paesi forti dalla mappa del Medio Oriente ma favorisce la nascita di piccoli Paesi fondamentalisti, pronti ad esplodere nella violenza in qualsiasi momento, mantenendo la regione in una continua instabilità».
Quali frutti ha fin qui portato la cosiddetta Primavera araba ai cristiani del Medio Oriente?
«Per ora questa “Primavera” è stata solo un inverno e una notte senza alba, non solo per i cristiani ma per tutti quanti. Senza dubbio i cristiani continuano a pagare il prezzo più alto: basta vedere ciò che è successo poche settimane fa in Egitto, (incendi di chiese, massacri di cristiani, sfollamento ed esodi forzati) e l’identico fenomeno è accaduto in Iraq e continua a ripetersi ora anche in Siria e altrove. Il Medio Oriente che era la culla del cristianesimo si sta svuotando massicciamente di cristiani, tra tante sofferenze e spesso non senza versamento di sangue».