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Grande preoccupazione tra i membri del CSE, ha caratterizzato la discussione dei crescenti problemi che incontrano gli svizzeri dell’estero con i conti bancari in patria. Aperture negate e chiusure di quelli esistenti, rifiuti di rilasci di carte di credito, addebiti di costi di gestione elevati, sono diventati moneta corrente per gli espatriati che risiedono in paesi con cui la Svizzera ha in ballo vertenze fiscali.
ASO
La risoluzione di protesta contro le banche svizzere e di richiesta di soluzioni per permettere agli espatriati “in regola con il fisco di mantenere relazioni bancarie in Svizzera a condizioni ragionevoli”, dell’anno scorso, non ha portato frutti. Il governo non vuole intervenire nelle relazioni tra le banche ed i loro clienti, giudicando che non sia di sua competenza. Un conto postale era l’alternativa al conto bancario, proposta dal CSE. Ma il governo si è detto contrario alla mozione parlamentare di Roland Rino Büchel che chiede di “garantire a tutti gli svizzeri residenti all’estero la possibilità di aprire un conto presso PostFinance e di beneficiare dei relativi servizi a condizioni ragionevoli”, includendo queste prestazioni nel servizio universale del traffico dei pagamenti postale. Il Consiglio federale giudica la misura “sproporzionata e difficilmente realizzabile” e invita il parlamento a respingere la mozione. L’OSE sostiene questa mozione e rilancia al parlamento perché venga accolta, contro il parere del governo.
Il Consiglio degli svizzeri all’estero si è dichiarato insoddisfatto del Consiglio Federale, nei negoziati sugli accordi fiscali il Consiglio Federale tiene troppo poco in considerazione le esigenze della “Quinta Svizzera”. È il parere del Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE), riunito sabato 16 marzo scorso, a Berna, per la sessione primaverile.
. Il CSE, si legge in un comunicato, è particolarmente insoddisfatto del nuovo accordo sull’imposta sulle successioni con la Francia, che dovrebbe essere firmato ancora quest’anno. In base all’intesa gli eredi elvetici residenti in Francia potrebbero essere tassati per un’eredità ottenuta in Svizzera con un’aliquota che va fino al 45% del valore patrimoniale. In un mondo globalizzato dev’essere nell’interesse della Svizzera promuovere la mobilità dei suoi cittadini, ritengono i 68 membri presenti oggi.
Il CSE sostiene invece l’accordo FATCA con gli Stati Uniti. Se entrerà in vigore le banche elvetiche non avranno più motivo di rifiutare un conto agli svizzeri domiciliati negli USA. In questo contesto agli istituti finanziari viene chiesto di fissare spese di gestione “adeguate”. Il Consiglio sostiene poi la mozione del consigliere nazionale Roland Büchel (UDC/SG), in cui si chiede che gli svizzeri all’estero possano aprire un conto presso Postfinance.
Il Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE) conta 140 membri: 120 delegati rappresentanti dei 716’000 svizzeri che vivono al di fuori della patria e 20 residenti in Svizzera. Questi 20 “svizzeri dell’interno” sono dei rappresentanti politici e di vari settori importanti per gli espatriati (economia, media, cultura, ecc.). Sono eletti dal CSE su proposta della commissione per la Organizzazione degli Svizzeri all’estero. I 120 delegati dell’estero rappresentano la Quinta Svizzera. I seggi sono distribuiti in base al peso demografico delle diverse comunità di svizzeri espatriati. A livello continentale, l’Europa dispone di 60 delegati, le Americhe di 30, l’Africa di 8, l’Asia di 16 e l’Oceania di 6. A livello di paesi, è la Francia che ha il maggior numero di delegati (12). Gli altri paesi meglio dotati sono: Germania (8 delegati), Stati Uniti (8) Italia (6) e Canada (5). Tutti gli altri paesi hanno meno di 5 delegati. Il Consiglio si riunisce due volte l’anno in Svizzera.
Una proposta di limitare a due il numero di mandati del presidente dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) ha suscitato un dibattito infiammato nel “parlamento” della Quinta Svizzera. C’è chi ha anche invitato ad una riflessione su un ringiovanimento globale dell’esecutivo.
Il presidente dell’OSE dovrebbe essere rieleggibile solo una volta. Questo anche nel caso in cui la prima volta fosse eletto nel corso di un mandato. È la modifica degli statuti sottoposta al vaglio del CSE da una mozione di Erich Bloch, delegato degli espatriati in Israele, ha motivato la richiesta con il bisogno di ringiovanimento degli organi dell’OSE. A suo avviso, questo porterebbe maggior creatività e dinamismo, permettendo di stare al passo con i tempi.
Di opinione diversa la maggioranza del comitato, che raccomandava al Consiglio di bocciare la mozione. Per bocca di Thérèse Meyer-Kaelin, la maggioranza del comitato ha fatto valere il bisogno di continuità per una carica impegnativa, che richiede molte qualità. Non è dunque facile trovare in continuazione personalità adeguate disposte ad assumere un compito così gravoso, ha sottolineato l’ex parlamentare friburghese. Inoltre il presidente, che deve rappresentare l’OSE di fronte alle autorità, deve tessere molti legami per difendere al meglio gli interessi della Quinta Svizzera: questo domanda anni di lavoro, ha affermato un delegato.
“Non si tratta di disqualificare il lavoro che è stato fatto finora, ma di portare nuove idee”, ha replicato Bloch. “Anche se il presidente attuale è competente e tutto funziona bene, a un certo punto occorre cambiare: tutto ha una fine”, ha osservato un altro delegato, rammentando che anche il presidente degli Stati Uniti può essere eletto solo per due mandati.
Senza voler entrare nel merito della mozione, i delegati hanno giudicato a maggioranza di rinviare la decisione al nuovo CSE. Entro giugno 2013 verrà eletto il nuovo Consiglio degli Svizzeri all’estero che resterà in carica per il periodo 2013-2017. Siederà per la prima volta, il 16 agosto a Davos, in occasione dell’apertura del 91esimo Congresso degli svizzeri all’estero.
I delegati del CSE hanno l’obbligo di recarsi in Svizzera due volte l’anno per par partecipare alle sedute. Ma l’indennità è molto simbolica: un centinaio di franchi ed i pasti offerti.
Il costo del viaggio in Svizzera – in particolare per i delegati che vengono da lontano – può quindi rivelarsi un ostacolo. Un forum di swisscommunity.org pone la domanda: “Un delegato del CSE deve essere ricco?”
“È ovvio che questo può rappresentare dei costi di viaggio troppo elevati per un delegato che fosse ad esempio, uno studente o un giovane all’inizio della carriera”, dice Anne Bessonnet-Landry. Per essere delegati “si devono avere il tempo e i mezzi”, riconosce Rudolf Wyder.
“È vero che c’è un problema di legittimità democratica, deplora il parlamentare Carlo Sommaruga, membro del CSE e della Commissione di politica estera della Camera bassa del parlamento elvetico. La maggior parte degli svizzeri all’estero non sono membri delle associazioni. Questo modello, che andava bene negli anni 1960 e 1970, è completamente superato in un’epoca in cui gli espatriati sono sempre più mobili. Molti di loro non capiscono il motivo per cui dovrebbero far parte di un’associazione di jass, di canto o di hornuss per essere rappresentati”.
La funzione dell’Associazione locale non è solo ludica ma di raccordo socio-culturale con iniziative di carattere “networking” per creare maggiore diffusione dell’imprenditoria svizzera nel tessuto sociale locale. L’impegno all’interno delle proprie associazioni può poi dar luogo ad contributi per i costi del delegato se questi è il portavoce della stessa Comunità locale.
Per Rudolf Wyder, delegare l’organizzazione delle elezioni alle varie associazioni nazionali ha i suoi vantaggi. Questo permette di essere più vicini alle realtà in loco.

guida alla Svizzera di Swissinfo

articolo di swissinfo.ch del 23.03.2013

Associazione per la difesa degli interessi della Svizzera