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Traduzione non ufficiale di Valentina Ciolino – Caffè Dunant nr. 513 – Notizie dal Mondo della Croce Rossa

“NON POSSEDEVO NULLA” dice Shahnaz di quel primo giorno, poco tempo dopo che suo marito era scomparso, in cui andó ad abitare al marastoon (‘luogo di assistenza’ in Pashto), un ostello per donne bisognose, vedove o malate mentali gestito dalla Mezzaluna Rossa Afghana. “Non potevo rivolgermi alla mia famiglia, poiché non potevano darmi nulla, visto che loro stessi sopravvivevano di quello che trovavano nel Nejrab. Anche uno dei miei due fratelli, cosí come mio marito, era scomparso negli stessi giorni. Senza un posto dove andare e senza poter mantenermi da sola, mi trasferii nel marastoon, dove ho vissuto per cinque anni”. marastoon Pashto-CICR2
Oggi, Shahnaz, 54 anni, é una delle due donne che si occupano di aiutare i pazienti con problemi mentali al marastoon di Kabul. Non c’é compito troppo difficile né degradante per Shahnaz. Si prende cura di quelle donne e bambini che sono stati abbandonati, o i cui genitori sono prigionieri, come se fossero suoi, li pulisce, consola, e guida attraverso i loro cambi d’umore, in cui passano alla violenza o alla calma in un battito d’occhio.
I lavoratori dei marastoon (che furono creati dal governo negli anni trenta, e passati alla Mezzaluna Rossa Afghana nel 1964) sono un esempio di come gli sforzi e gli investimenti del Movimentoabbiano creato e supportato sistemi locali e tradizionali di protezione ed assistenza. Altre Societá Nazionali hanno dato supporto ai marastoon e, nel 1994, il CICR é intervenuto per salvare le persone al marastoon di Kabul, quando si trovó sul fronte della guerra civile.
Nel 2001, mentre lavoravo ad una storia per questa rivista, Shahnaz mi raccontó di quei giorni, quando il percorso giornaliero era diventato per lei questione di vita o di morte. “Ero terrorizzata dai bombardamenti. Ma non potevo lasciare quelle donne da sole. Nessun’altro si sarebbe preso cura di loro.”
Ne abbiamo parlato alcuni mesi fa, in occasione della mia visita piú recente, ma i ricordi sono ancora freschi. “Uscivo di casa ed attraversavo la cittá e la prima linea e le barricate che non erano lontane dal marastoon. Sapevo che era pericoloso ed avevo paura. Quando non potevo lasciare i miei figli a casa,, li portavo con me a lavoro. Un giorno Basir, mio figlio maggiore ed una delle mie figlie, che aveva ai tempi 7 anni, furono feriti. Io stessa fui colpita da uno shrapnel. Ancora oggi ho dolore alla mano ed al braccio quando lo alzo.” Shahnaz portó perfino le donne e gli orfani a casa sua, quando, ad un certo punto, il marastoon era diventato pericoloso.
La storia di Shahnaz é un esempio della natura cangiante dell’azione umaitaria. Oggi, lei si considera una delle fortunate, in grado di lavorare e fare la differenza nelle vite degli altri durante un periodo di relativa pace. “Sono una madre fortunata, i miei figli sono felicemente sposati, gli orfani di cui mi prendevo cura sono stati adottati. Ho una buona vita, che mi fa pensare di essere una donna di successo”

Originale Inglese.