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L’ambasciatore svizzero in Italia Bernardino Regazzoni, in questi giorni si trasferisce da Roma a Parigi. Giuseppe Rusconi lo ha intervistato prima della sua partenza.

foto di Alessandro Lisci
Aperitivo Natalizio Residenza Svizzera Bernardino Regazzoni

Da Roma a Parigi. È il destino (non certo maligno) che si concretizza in questi giorni per il cinquantasettenne luganese Bernardino Regazzoni, dopo un quadriennio di immersione piena nelle acque del Tevere da ambasciatore svizzero in Italia. Prima che ceda il timone a un altro ticinese, Giancarlo Kessler (nato a Sorengo nel 1959), cerchiamo di capire con lui, anche attraverso le esperienze accumulate nelle diverse sedi in cui ha prestato servizio, le caratteristiche del servizio diplomatico svizzero e i cambiamenti con cui in questi anni si è dovuto confrontare, dall’irrompere della tecnologia all’imporsi – accanto a quella classica – della “diplomazia della percezione”.

Nel 1988 Lei, da trentunenne dottore in filosofia, ha deciso di fare il concorso presso il Dipartimento degli Affari esteri e l’ha vinto. È chiaro che gli studi in filosofia non escludono certo la carriera diplomatica, però normalmente aprono altre strade di tipo accademico…

Con grande convinzione ho intrapreso gli studi filosofici che prevedevo mi avrebbero portato nella direzione accademica. Però, una volta laureato, ho scoperto che percorrere tale strada non sarebbe stato così facile dal punto di vista delle prospettive di lavoro. Avevo sempre nutrito interesse verso le relazioni internazionali: mi piaceva il fatto di viaggiare per conoscere realtà diversissime da quella mia originaria. È stato mio padre a suggerirmi tale scelta. E oggi, 26 anni dopo, sono sempre molto contento di aver imboccato questa strada.

L’Articolo é apparso il 20 marzo sul ‘Giornale del Popolo’, quotidiano cattolico della Svizzera italiana ed è anche disponibile sul sito web rossoporpora.org.