Referendum Costituzionale Incontro Circolo Svizzero con Eric Burckhardt e Felice Besostri modera fabio Trebbi
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Il Circolo svizzero di Roma con il sostegno dell’Antenna italiana del Partito socialista svizzero (PS) ha organizzato un dibattito indirizzato agli italo-svizzeri sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

Referendum Costituzionale Incontro Circolo Svizzero con Eric Burckhardt e Felice Besostri modera fabio Trebbi
Referendum Costituzionale Incontro Circolo Svizzero con Eric Burckhardt e Felice Besostri modera fabio Trebbi

Sollecitati dalle domande del Presidente del Circolo svizzero Fabio Trebbi e del pubblico, si sono succeduti i due relatori italo svizzeri, Erik Burckhardt (per il sì) advisor parlamentare del Partito democratico (PD) specializzato in relazioni internazionali e politiche europee e Felice Besostri (per il no) già senatore dei Democratici di sinistra (DS) e docente emerito di diritto pubblico comparato.

BURCKHARDT ha tratteggiato alcuni presupposti da cui muove la revisione: 1) oggetto della revisione costituzionale è soltanto la parte II della Costituzione, da considerarsi strumentale alla realizzazione della I, che contiene i principi ed i valori in cui si riconoscono tutte le italiane e gli italiani e rimane infatti inalterata; 2) la corrispondenza nei contenuti dell’attuale riforma costituzionale con il dibattito è con i progetti avviati sin dagli anni ’70 (e.g. Bicamerale I e Bicamerale II); 3) un rapporto più responsabile tra Parlamento e Governo, con una più tempestiva capacità del primo di definire le politiche pubbliche ed una maggiore possibilità del secondo di attuarle – procedure legislative più rapide; 4) un rapporto più responsabile nei rapporti tra Stato e Regioni, con una ripartizione chiara e precisa delle competenze; 5) un rapporto più responsabile tra eletti ed elettori, con il rafforzamento degli strumenti di democrazia diretta (a proposito di Svizzera…) e più accountability del ceto politico, che non potrà più addurre in giustificazione del mancato mantenimento delle promesse le tradizionali scuse relative all’instabilità dell’azione di governo; 6) le ricadute positive al livello internazionale della riforma, con una politica più stabile e credibile, capace di incidere in sede internazionale, multilaterale e bilaterale, nonché con il superamento del pasticcio delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni (votato dall’altro relatore presente venerdì quando era parlamentare nel 2001), su materie strategiche quali commercio estero e turismo (sempre a proposito di Svizzera, l’interscambio commerciale tra i due paesi è importante ed ammonta a 30 miliardi di euro annuì); 7) una maggiore responsabilità e capacità decisionale della politica come strumento per il rilancio dello sviluppo; 8) la chiara presa di posizione delle forze progressiste europee e internazionali in favore della riforma costituzionale, compreso il Partito socialista europeo e il Partito socialista svizzero di cui l’altro relatore è vicepresidente dell’antenna italiana; 9) il consolidamento e il rafforzamento delle maggioranze qualificate in tutte le occasioni in cui il Parlamento si riunisce in seduta comune, a garanzia delle minoranze parlamentari, i cui diritti trovano per la prima volta riconoscimento espresso in costituzione; 10) l’inopportunità di avanzare confusi parallelismi tra sistemi istituzionali e tradizioni politiche diverse quali quella svizzera e statunitense; 11) si dovrebbe risolvere la differenziazione nel trattamento di diritti fondamentali, quali quello alla salute, tra cittadini che vivono nelle diverse regioni italiane; 12) si potrebbe superare quella “transitoria” disposizione della Costituzione che vuole il bicameralismo perfetto; 13) si potrebbero avere 500 milioni di euro di risparmio per le finanze pubbliche; 14) si potrebbe innescare un processo di sviluppo economico.

BESOSTRI rileva, invece, come: 1) le leggi in questo paese sono troppe, ed approvate e modificate in continuazione, quindi la direzione da seguire sarebbe esattamente l’opposto perché è già oggi possibile approvare una legge in soli tre giorni; 2) la differenziazione – corretta dalla giurisprudenza della Corte costituzionale – è stata il frutto della improvvida riforma del titolo V, voluta dalle stesse forze politiche che propongono questa nuova revisione; 3) nei lavori dei costituenti del 1946-47 tutti furono sempre d’accordo nell’attribuire parità di poteri alle due Camere (mentre si discusse di come differenziare la loro composizione); 4) il risparmio ammonta – secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato – a 50 milioni di euro all’anno (meno di un caffè all’anno per italiano); 5) non è sostenibile che la revisione produca sviluppo economico, nessuna norma introdotta o modificata ha connessione alcuna con il sistema economico; 6) analogamente, non vi è alcuna connessione con i rapporti internazionali tra Italia ed altri paesi, ed è assai singolare che ci si rivolga ai cittadini svizzeri, nel cui paese vige il bicameralismo perfetto (incidentalmente, può notarsi che gli altri due paesi, oltre l’Italia, dove vige il bicameralismo perfetto, Confederazione Svizzera e Stati Uniti, sono proprio i primi due paesi al mondo per PIL pro capite, ed in cima a tutte le classifiche per qualità della vita; quindi, può aggiungersi, i problemi italiani non sono problemi di forma delle istituzioni, bensì di bassa qualità del ceto politico, che in questi decenni ha visto una selezione inversa in virtù di leggi elettorali ad effetto iper-maggioritario, con liste bloccate o collegi uninominali, ed in assenza di democrazia nei partiti).

BURCKHARDT ha sostenuto come non sia vero che la revisione aumenti il potere del Presidente del Consiglio dei ministri, notando che le norme che lo riguardano non vengono toccate.

BESOSTRI osserva, al contrario, come il rafforzamento di un organo si produca anche abbassando i poteri degli altri: specificamente, grazie alle nuove proporzioni tra le due Camere, ed alla legge elettorale per la Camera, il capo del partito (o lista) che vince il premio alla Camera, governa anche il Parlamento a Camere riunite e può ricattare il Presidente della Repubblica (gli bastano 26 senatori per approvare la messa in stato di accusa per “attentato alla Costituzione”), annullando la sua funzione di garanzia e riequilibrio tra gli organi costituzionali.

L’articolo è stato ripreso da Romaoggi.eu:

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