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Se una guerra segna una regione o crea divisioni in una popolazione, l’arte e la cultura hanno spesso la capacità di ricostruire quanto distrutto e facilitare lo scambio tra i gruppi in conflitto. Nelle zone di crisi, anche gli artisti sono sotto pressione. La conferenza internazionale «Art at Risk», che si è tienuta dal 27 al 29 febbraio 2020 a Zurigo, ha affrontato proprio questo tema.

Nei Paesi colpiti da crisi e conflitti, la cultura e l’arte creano spazi per un dialogo pacifico e una riflessione sociale che altrimenti non esisterebbero. Arte e cultura riescono a costruire ponti tra società divise, contribuendo ad affrontare vecchi conflitti e a interrompere le spirali di violenza.

Conformemente al suo mandato, la DSC è attiva in regioni fragili e colpite da conflitti, integrando frequentemente progetti culturali nei suoi programmi. Un esempio: il programma culturale della DSC in Nord Africa, grazie al quale la Svizzera mira a coltivare senso e identità tra la popolazione e ad arginare la radicalizzazione nella regione, rendendola più stabile.

«In questi Paesi sostenere una scena culturale vivace significa portare la pace. Nelle aree in cui la vita delle persone è segnata da conflitti e dalla mancanza di libertà di espressione, le attività artistiche e culturali creano spazi per la normalità e l’elaborazione di temi difficili» ha riassunto Christian Frutiger, vicedirettore della DSC e capo del Settore Cooperazione globale, in occasione della conferenza «Art at Risk», sottolineando il ruolo dell’arte nei contesti fragili.

Anche la Svizzera presenta varie culture all’interno dei suoi confini nazionali e sa per esperienza quanto affrontare i contrasti sociali sotto il profilo artistico e culturale aiuti a far funzionare una democrazia. La salvaguardia della diversità culturale è quindi parte integrante della politica nazionale in Svizzera e all’estero.
Fonte: admin.ch
Photo pixabay