Condividi su:

commento di Giuseppe Rusconi apparso sul Corriere del Ticino del 14 novembre 2012.

E così la questione del recupero di parte del denaro trasferito nelle banche svizzere da cittadini italiani non residenti ha fatto irruzione nella campagna elettorale per le elezioni politiche del marzo prossimo. E divide la sinistra, come è emerso dal primo confronto televisivo dell’altra sera tra i cinque candidati alle primarie del Partito democratico. Se il sindaco di Firenze Matteo Renzi dichiara (molto genericamente) che “serve un accordo con la Svizzera per i capitali esportati”, l’attuale segretario del Pd Pierluigi Bersani – suo rivale principale – non accetta l’accordo che si andrebbe profilando: “Con le condizioni che ci sta chiedendo la Svizzera, io non lo farei”. Quali siano queste condizioni (sempre che esistano veramente) non l’ha precisato, né il conduttore gliel’ha chiesto. Si può però ipotizzare che il dissenso emerga soprattutto attorno all’aliquota della somma da versare in prima battuta all’Italia per sanare fiscalmente l’evasione. Le dichiarazioni di Renzi e di Bersani acquistano in questo momento una loro rilevanza politica, dato che uno dei due a marzo sarà candidato alla guida del Paese per la coalizione oggi prevalente. Sono, è vero, dichiarazioni espresse in un ambito televisivo, dove dominano gli slogan e le frasi ad effetto, senza che ci sia la possibilità seria di dare spiegazioni dettagliate.

Anche Nichi Vendola, presidente di “Sinistra, ecologia e libertà”, ha condiviso come previsto l’opinione di Bersani, chiedendo che si costringa la Svizzera a rivedere le misteriose “condizioni” in senso più favorevole all’Italia. Bisogna aggiungere che Vendola (come ci conferma) non è in linea di principio contro l’accordo con la Svizzera, che chiede da almeno un anno. Tuttavia non può sottovalutare la paura della sinistra che un accordo fiscale a buon mercato appaia sostanzialmente agli occhi dell’opinione pubblica come un regalo per gli evasori. Non a caso la sinistra guarda con attenzione molto partecipe a quanto succederà il 23 novembre a Berlino, quando presumibilmente il Bundesrat, la Camera dei Länder a maggioranza socialdemocratica, boccerà l’accordo già approvato dall’altra Camera, dando così spazio alla prevista procedura di conciliazione.

Il timore di favorire in parte gli evasori è del resto condiviso anche dallo stesso Governo Monti, che si è molto esposto in materia di lotta al fenomeno. Tuttavia il presidente del Consiglio pragmaticamente vuole arrivare a una conclusione dei negoziati, come ha rilevato più volte, anche negli incontri con Eveline Widmer-Schlumpf. Fonti bene informate del Ministero italiano dell’Economia ribadiscono quanto detto recentemente a più riprese dal ministro Vittorio Grilli. A Verona, il 22 ottobre: “Il Governo punta ad arrivare all’accordo fiscale con la Svizzera prima delle elezioni (…) E’ un obiettivo del Governo avere un accordo con la Svizzera, sulla tassazione dei capitali italiani là depositati, basato sui principi che noi riteniamo propri”. In Messico, il 6 novembre: “Ci stiamo impegnando per fare arrivare a maturazione il negoziato nel più breve tempo possibile (…) Quando si interviene su una situazione preesistente c’è da risolvere il pregresso e darsi nuove regole per il futuro. Che la soluzione debba contenere entrambe le cose va da sé”.

Tra pochi giorni a Berna si riunirà di nuovo il gruppo di lavoro. In quella sede si incomincerà a parlare seriamente di aliquote. Niente di meno facile, data anche la situazione che si potrebbe creare in Germania. La volontà di un accordo però c’è. Anche da parte di Roma, affamata di soldi come non mai.