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Monti non si candida, ma… – di Giuseppe Rusconi, apparso sul Corriere del Ticino del 24.12.2012.

Mario Monti non si candiderà alle prossime elezioni politiche. E’ però disponibile a “incoraggiare” le forze che aderissero in maniera “convinta e credibile” alla sua ‘agenda’ europeista e riformista. Se poi dal nuovo Parlamento (e dunque non direttamente dal voto popolare) giungesse l’invito ad “assumere responsabilità” anche “da presidente del Consiglio”, il premier dimissionario “valuterebbe” il da farsi. Monti lo ha rilevato nel corso della conferenza-stampa svoltasi ieri (n.d.r. 23/12/2012) a Roma. Non si è risparmiato attacchi pungenti al Cavaliere, che ha subito violentemente contrattaccato, ospite com’era di numerose trasmissioni tv. Tra gli argomenti citati a palazzo Chigi anche i negoziati fiscali italo-svizzeri, definiti “costruttivi”, ma non vicini a una conclusione positiva, dato che “la complessità degli aspetti e la distanza delle posizioni iniziali richiedono un po’ più di tempo”. Incerto poi se la prosecuzione dei negoziati sia compatibile con il “disbrigo degli affari correnti” di un Governo dimissionario.

Nell’atteso incontro-stampa Monti dunque non ha sciolto tutti i dubbi sulla sua discesa in campo da fiancheggiatore dei piccoli partiti centristi durante la campagna elettorale o come eventuale candidato alla Presidenza del Consiglio dopo. Soprattutto i sondaggi sfavorevoli devono averlo persuaso a non schierarsi in prima linea “con nessuno”. Il che sconforta i centristi, privati di una guida difficilmente sostituibile e su cui contavano molto.

Nella conferenza-stampa Berlusconi è stato sì ringraziato (“provo anche gratitudine per lui”), ma soprattutto bastonato. Monti si è detto “sbigottito” per le piroette berlusconiane nei giudizi sull’operato del Governo: “Faccio fatica a seguire la linearità del suo pensiero”. Feroce il parallelo con l’Italia del Secondo dopoguerra: “Era così precaria la situazione dell’Italia nel novembre 2011” che nei suoi primi incontri europei Monti si sentiva- ha detto – come De Gasperi nel 1946, dopo tre giorni di anticamera, alla Conferenza di pace di Parigi: “Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”. Monti non ha mancato di evocare il clima berlusconiano caratterizzato da “festini irriguardosi di ogni dignità, che poi determinano uno screditamento della classe politica”; e ha anche attaccato frontalmente il Cavaliere sulla prospettata nuova abolizione dell’Imu sulla prima casa: in poco tempo se ne dovrebbe rimettere un’altra, ma doppia. Riguardo all’Europa, Monti ha causticamente osservato che essa “si può anche criticare, ma per farlo bisogna essere credibili, altrimenti alla pacca sulla spalla segue il risolino”. Su giustizia e corruzione è stato pungente: “Penso sia meglio fare leggi ad nationem che ad personam”.

Mario Monti ha attaccato poi la Cgil, che l’aveva criticato per la visita alla Fiat di Melfi (esclusi dall’incontro i tesserati della Confederazione ‘rossa’) e l’“abbraccio” con Marchionne: “La riforma del lavoro è stata frenata da una componente sindacale che trova difficile evolvere”. Anche Vendola, alleato con Bersani, è nel mirino di Monti, che lo giudica “conservatore sotto molti profili”. Un apprezzamento invece per Pierluigi Bersani, “un più che legittimo candidato premier di una coalizione”. Certo anche lui deve decidersi: “Vendola ha chiesto a Bersani di prendere le distanze dall’agenda Monti. Come è diritto di Vendola chiedere, è diritto di Bersani riflettere se aderire”.

Berlusconi ha reagito aspramente alle dichiarazioni del premier, rilevando “i disastri” del suo governo. Poi ha definito Bersani “un vecchio boiardo del Pci”, Casini e Fini “le persone peggiori che ho incontrato nella mia vita; traditori non miei, ma di chi li ha eletti”. Grillo è stato paragonato a una “scimmia”. Duri con Monti l’Idv di Di Pietro e la Lega, che con Maroni chiosa: “Monti: non mi candido, ma forse sì. Ha imparato da Casini e dai democristiani più falsoni della Prima Repubblica”.