articolo di Giuseppe Rusconi apparso sul Corriere del Ticino di martedì 27 novembre 2013.
Un vero terremoto per il cattolicesimo: è l’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» presentata ieri in Vaticano. Papa Francesco, che le attribuisce una valenza programmatica, sistema in essa organicamente il pensiero espresso in questi mesi di Pontificato. Nello scritto (288 i paragrafi) il successore di Pietro invita ogni fedele ad essere gioioso evangelizzatore in una società dominata dall’apparenza, dai lustrini e dalla ricerca ad ogni costo del denaro, del potere e del successo.
Aspetti non estranei a tanti cristiani, rileva papa Francesco: da ciò l’urgenza di convertirsi, di valorizzare la misericordia come prima tra le virtù e la preferenza per i poveri, non certo come opzione ma come elemento fondamentale legato all’espressione della stessa fede.
Era molto atteso il documento di papa Francesco, firmato a conclusione dell’Anno della Fede. L’«Evangelii gaudium » è destinata a tutti i fedeli cattolici. Nel documento vengono rielaborate le proposte del Sinodo dei vescovi dell’ottobre 2012, ma anche sviluppate altre importanti riflessioni papali a tutto campo. L’esortazione è il primo vero documento di papa Bergoglio, dato che l’enciclica «Lumen fidei» era in buona parte opera di Benedetto XVI. L’Evangelii gaudium ha – come scrive l’autore – «un significato programmatico e delle conseguenze importanti».
Certo «non si possono lasciare le cose come stanno». Perciò «costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione». In sintesi qualche passo significativo del documento. La Chiesa deve essere più collegiale; bisogna operare una decentralizzazione anche in campo decisionale, accrescendo le competenze delle Conferenze episcopali nazionali. La Chiesa ha «pochissimi precetti» dati da Cristo al popolo di Dio: il resto è venuto dopo. Osserva qui il Papa che «ci sono norme o precetti ecclesiali che possono essere stati molto efficaci in altre epoche, ma che non hanno più la stessa forza educativa». Perciò non dobbiamo aver paura di rivederli.
Del resto, continua, non dobbiamo «appesantire la vita ai fedeli» e trasformare la nostra religione in una schiavitù, quando «la misericordia di Dio ha voluto che fosse libera».
Chiosa papa Bergoglio: «Questo avvertimento, fatto diversi secoli fa, ha una tremenda attualità ». Perciò le chiese devono avere sempre le porte aperte:
«Tutti possono far parte della Comunità e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. (…) L’Eucarestia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Certamente «queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. (…) Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa». Sono passi che faranno discutere, come quelli concernenti le omelie e quelli riguardanti il giudizio drastico su globalizzazione ed economia di mercato, oltre che la preminenza data evangelicamente all’opzione per i poveri. Laddove i ricchi possono giustificare la loro ricchezza solo in funzione della ridistribuzione a chi non ha. Due i punti che il Papa considera non negoziabili: il sacerdozio maschile e la difesa del diritto alla vita.