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articolo di Giuseppe Rusconi apparso sul Corriere del Ticino di martedì 26 novembre 2013.
siria
La sintonia diplomatica tra Russia e Santa Sede è stata confermata ufficialmente ieri sera (n.d.r. 25.11.2013) nel corso dei colloqui vaticani di Vladimir Putin. Per la quarta volta in Vaticano (due con Giovanni Paolo II, una con Benedetto XVI), il presidente russo ha incontrato per mezz’ora papa Francesco, poi il nuovo segretario di Stato Pietro Parolin.
Al centro dei colloqui la situazione in Siria, per la quale le parti hanno ribadito la necessità di una soluzione pacifica del conflitto, che coinvolga le varie componenti etniche e religiose.
Di cui si evidenzia «l’imprescindibile ruolo nella società»: non c’è futuro insomma per la Siria senza un adeguato riconoscimento dell’indispensabile apporto delle minoranze, in primo luogo quella cristiana, che fa parte dell’identità storica del Paese. Altro argomento non meno importante e correlato al primo è l’urgenza per Russia e Santa Sede di agire incisivamente per proteggere l’ormai incerta presenza dei cristiani nel Medio Oriente e in altre parti del mondo; concordi le due parti anche sulla difesa e sul promovimento dei valori concernenti la dignità della persona e la tutela della vita umana e dell’istituto della famiglia, cellula fondamentale della società. siria2
Un ultimo tema discusso, importante e delicato, è stata la presenza (ancora talvolta contestata) del cattolicesimo in Russia. Putin e papa Francesco hanno convenuto sul contributo «fondamentale» del cristianesimo nella società russa, riconoscendo implicitamente anche la positività del ruolo dei cattolici (oltre 600 mila, con 4 diocesi e 500 tra sacerdoti e religiose).
Tale presenza, in crescita, ha suscitato la preoccupazione della Chiesa ortodossa russa, poiché teme possa intaccare il massiccio e storico suo predominio. Una parte degli ortodossi ha accusato la Chiesa cattolica di proselitismo; altri non hanno ancora digerito l’esistenza della Chiesa greco-cattolica ucraina, detta «uniate» poiché si unì a Roma a fine Cinquecento, staccandosi dall’ortodossia pur conservandone la liturgia.
Inoltre Giovanni Paolo II non ha mai goduto di particolari simpatie nel mondo ortodosso russo, data la sua nazionalità polacca. Le differenze di valutazione restano, pur in presenza di dichiarazioni prudentemente distensive come quelle recenti del metropolita Hilarion sulla possibile preparazione dell’agognato incontro tra il Papa e il Patriarca in territorio neutro (Austria o Ungheria).
Lo stesso patriarca Kyrill – in occasione dell’incontro a Mosca con il cardinale Scola (preceduto dal patriarca maronita cardinale Béchara Raï) – ha evidenziato quanto c’è in comune oggi tra le due Chiese nella valorizzazione di vita e famiglia. Tuttavia, come affermato recentemente dal cardinale svizzero Kurt Koch, al momento non si registrano progressi consistenti sulla via dell’unità, al di là di dichiarazioni e di gesti come quelli di papa Francesco che si fa chiamare «vescovo di Roma»: la questione del primato papale e quella della collegialità sinodale restano tutte da risolvere.