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mammografia
Abbiamo avuto modo di leggere su alcuni articoli circa il grande tema LO SWISS MEDICAL BOARD PROPONE IN SVIZZERA L’ABOLIZIONE DELLO SCREENING MAMMOGRAFICO. Potremmo sapere il vostro pensiero in merito.
C.V. (Roma)

Il tumore al seno è la prima causa di morte per tumore nelle donne (27% di tutti tumori femminili). Per intenderci, ogni anno in Svizzera si registrano circa 5.300 nuovi casi e più di 1.350 donne non sopravvivono. In Italia, ove sono diagnosticati ogni anno oltre 47.000 casi, è la principale causa di mortalità oncologica e rappresenta il 17% di tutti i decessi per cancro .
Tale “piaga” si combatte anche con il Programma di Screening Mammografico (PSM).
Per programma di screening si intende un programma (o un “percorso”) che seleziona in partenza un certo tipo di popolazione al fine di trovare, con l’ausilio di un appropriato esame diagnostico, una certa patologia in fase, possibilmente, pre-clinica. L’obbiettivo finale è la diminuzione della mortalità. Se l’obbiettivo è centrato, il programma è ritenuto valido. Per quanto riguarda la mammella la popolazione selezionata è solitamente compresa tra i 50 e i 69 anni e l’esame mammografico (scevro di visita clinica e letto “in doppio”) è eseguito ogni due anni. Il PSM agisce grazie a quella che si chiama prevenzione secondaria e cioè utilizzando una “diagnosi precoce” (si parla di “anticipazione diagnostica”) che permette di aumentare la quota di tumori mammari identificati ai primi stadi di sviluppo della malattia, cioè nella fase pre-clinica della malattia quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace e meno invasivo.
La diffusione del PSM in Europa (in primis Gran Bretagna e Svezia), strettamente legata ai risultati positivi delle meta-analisi degli anni ’80 seguite ai trials esplorativi precedentemente eseguiti, ha portato alla stesura di linee-guida europee le quali hanno qualche differenza dalle linee-guida statunitensi .
Secondo la letteratura internazionale più accreditata con il PSM si riduce del 25% la mortalità di cancro della mammella, con un dato presente sostanzialmente immodificato dal 1999 a oggi .
Per quanto riguarda l’Italia, il PSM è iniziato nei primi anni ’90 e dal 2007 tutte le regioni italiane lo hanno attivato; sebbene la sua estensione teorica raggiunga il 90%, quella effettiva è del 73%, con grandi differenze tra le diverse aree geografiche. Uno studio basato sui dati dei Registri Tumori delle aree coperte da PSM nel Centro e Nord Italia ha documentato una riduzione del 50% della mortalità tra le donne che avevano partecipato allo screening rispetto alle donne che non avevano risposto all’invito .
Se in Svizzera il PSM è iniziato da poco tempo ed è quindi troppo presto per verificare i risultati, in Italia i risultati raggiunti, pur con alcune criticità, continuano ad essere rassicuranti per tutti i professionisti italiani coinvolti a testimonianza del grande sforzo fatto da tutti gli operatori .
E’infatti innegabile che il PSM sia un fiore all’occhiello del SSN italiano, un ottimo esempio di sinergismo tra politica sanitaria e tecnologia medica: si combatte “a tappeto” il cancro della mammella avvalendosi delle recenti tecnologie – opportunamente monitorate da periodici controlli degli indicatori di qualità – impiegate in un disegno di economia sanitaria, con una attenta valutazione tra costi e benefici. La mammografia biennale per le donne di età compresa tra 50 e 69 anni è stata inserita nell’elenco dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed è quindi esame garantito gratuitamente a tutte le donne di qualsiasi fascia sociale .
In generale, è parso chiaro agli operatori che fin dall’inizio dell’attivazione del PSM insieme ai primi giustificati entusiasmi crescevano i primi dubbi e le prime controversie .
Se il vantaggio è uno (la diminuzione della mortalità), gli svantaggi di un PS sono infatti molti: dalla prolungata coscienza di malattia al disagio arrecato dai richiami (si parla di “morbidità” o danno psicologico e stress da “falsi positivi”), dalle false rassicurazioni offerte agli inutili accertamenti bioptici nei casi negativi (errore umano) al rischio di “sovradiagnosi” e, soprattutto, di “sovratrattamento”, ossia alla diagnosi occasionale e al conseguente successivo trattamento di una particolare lesione tumorale, che, però, non sarebbe mai giunta a palesarsi e che comunque non avrebbe mai portato a morte la donna .
I dati del PSM sono stati rimessi in discussione nel 2009 negli Stati Uniti dalla American Cancer Society che, nella persona del Vice-Presidente, Otis Brawley, sostiene che “i vantaggi dello screening sono stati sovrastimati” .
Sulla discussione è tornato recentemente il Swiss Medical Board il quale illustra una sua particolare view. Dalla rilettura critica dei dati analizzati infatti, per il Board non solo si previene soltanto una morte per ogni 1000 donne esaminate , ma una così marginale riduzione del rischio di mortalità impone un prezzo molto alto in termini di procedure diagnostiche strumentali invasive, cioè di “sovradiagnosi” e “sovratrattamento” grandi tanto da vanificare i benefici del PSM stesso. La critica più serrata fatta dal Board al PSM muove infatti proprio dal fatto che la riduzione del rischio arriva al prezzo di una nutrita cascata diagnostica fatta di ripetute mammografie e di biopsie in serie. Tale rilettura viene a situarsi dopo i risultati emersi dallo studio di revisione della letteratura Screening for Breast Cancer with Mammography del Cochrane Breast Cancer Group . In tale studio è detto che il PSM determina una riduzione del rischio relativo della mortalità per tumore al seno del 15% (corrispondente ad una riduzione del rischio assoluto pari allo 0,05%) e cioè che per 2000 donne invitate a partecipare a uno studio decennale sarà evitato un solo decesso, mentre 10 donne in buona salute saranno trattate inutilmente (per diagnosi di forme pre-invasive che non si sarebbero altrimenti mai manifestate) e circa 200 donne incorreranno in un falso positivo. Non ultimo, per quanto riguarda l’incidenza di cancri in fase avanzata vi sarebbe una molto lieve, se non inesistente, riduzione .
Se così fosse, il PSM non inciderebbe in modo significativo sulla mortalità e porterebbe invece la donna su una china fatta di trattamenti forse inutili e comunque talvolta dannosi per gli effetti collaterali che comportano. Gilbert Ross, il direttore dell’American Council on Science and Health (ACSH), è perfettamente d’accordo: il piccolo numero di vite salvate con il PSM è lontano dall’essere compensato dal grande sforzo umano ed economico comportato proprio dalla overdiagnosis e dall’overtreatment. Fatta eccezione per donne ad alto rischio familiare e genetico, il posto del PSM, per Ross, è ormai quello nella “pattumiera della storia” . Il PSM sarebbe, in poche parole, delegittimato.
A tutto ciò si ribatte osservando come le critiche siano basate su una valutazione meta-analitica poco convincente e cioè in base a una comparazione di dati non recenti e comunque non omogenei tale quindi da portare a facili distorsioni interpretative e a “messaggi pericolosi e fuorvianti” .
Al di là della querelle statistica di rilevante importanza, ci pare comunque di capire che la proposta sottesa dal Swiss Medical Board non possa certo essere quella di rinunciare alla diagnosi precoce per paura della sovradiagnosi, bensì possa essere quella che, a fronte di benefici non eclatanti con viceversa disagi sia sul piano personale e sociale e in presenza di grandi costi, con una popolazione femminile maggiormente consapevole, si intenda proporre – proprio in un momento storico di crisi di identità della figura del medico – alla cittadina di tornare ad essere paziente e, quindi, di rivolgersi a un percorso clinico a seconda dei suoi bisogni, della fascia di età e del proprio rischio familiare e genetico. Tale presa di posizione si giustificherebbe oggi non solo in base alla rilettura dei dati, ma anche alla luce della diagnostica mammografica ottimizzata e del recente perfezionamento delle strategie di trattamento i quali permettono sia di diagnosticare sia di curare con maggiore accuratezza che in passato.
Contestualizzando il lavoro scritto dal Swiss Medical Board, ci pare di capire che potrebbe essere possibile che in un territorio dove le donne già eseguono accertamento senologici in proprio – o all’interno di strutture attive da anni sul territorio sul fronte della prevenzione ove è presente il supporto di un medico di riferimento – il PSM possa risultare meno giustificato. Nell’ambito di una realtà selezionata e in comunità culturalmente preparate e altamente urbanizzate – come per esempio quella delle città svizzere – un beneficio reale potrebbe derivare da un percorso clinico-diagnostico personalizzato o, meglio, “tradizionale” cioè con mammografia clinica ; la visita clinica, seppur breve, ha sicuramente il pregio non solo di “visitare”, ma anche di filtrare dati anamnestici talora preziosi, di garantire l’ascolto dovuto, di fornire le corrette informazioni, di temperare gli eventuali inutili stress e, non ultimo, di insegnare l’autoesame . Dico potrebbe perché – se si ragiona in termini statistici – la mammografia clinica non ha mai dimostrato una qualsiasi evidenza di riduzione della mortalità. Non solo. Essa è esame autoreferenziale, al contrario della mammografica di screening che, come detto, è letta da due radiologi ed è sottoposta a periodici e ben definiti controlli di qualità.
Nulla di nuovo comunque. Se così fosse, questa soluzione ha comunque da sempre “dialogato” nelle grandi città dove i percorsi di screening hanno convissuto, e convivono, con i programmi di prevenzione e con le unità diagnostiche di senologia .
Ultimo, ma non ultimo, è il problema della corretta informazione data alla donna. Anche se lo spazio lasciato alla informazione nelle tre lingue nazionali sul sito del Swiss Cancer Screening pare non solo ampio, ma corretto e chiaro con adeguata spiegazione di ciò che significano “falsi positivi”, “falsi negativi”, “cancro-intervallo” e “sovradiagnosi” , da alcuni sondaggi eseguiti anche da parte di autorevoli economisti svizzeri, è emerso che le donne sovrastimano di gran lungai benefici ottenuti dal PSM . Pertanto, va ribadito che le donne devono essere sempre adeguatamente informate sui vantaggi, gli svantaggi e i limiti del programma in questione per non alimentare false aspettative, ma, viceversa, per fornire loro una percezione realistica del PSM.
Nella discussione si deve tenere ben presente la differente realtà sanitaria (assistenziale e assicurativa), politico-culturale e socio-economica nordamericana da quella europea (e nel caso di specie anche la differenza tra quella italiana e quella svizzera). “Il concetto di screening è diverso negli Stati Uniti rispetto alla maggior parte dei paesi europei, Italia compresa. Da noi si intende un processo organizzato dal SSN con chiamata attiva delle persone a cui effettuare il test e lettura centralizzata e standardizzata dei risultati. Mentre negli Stati Uniti si intende l’attività, anche molto diffusa, di diagnosi precoce su base individuale. Quindi non tutte le considerazioni che derivano dai dati americani valgono necessariamente in Europa” . E’ per questo che va letta in senso “statunitense” l’interessante la proposta di Lydia Pace e Nancy Keating del Brigham and Women’s Hospital di Boston, che, dopo aver riletto i dati dei PSM del proprio Paese eseguiti nel periodo 1960-2014 al fine di valutarne benefici e danni , sostengono che la risposta alla questione non sia quella di rifiutare interamente il PSM, ma che la scelta della modalità di esecuzione dell’esame mammografico vada presa individualmente, in base al profilo clinico della paziente al fine di massimizzarne i benefici . Una risposta semplice, ma non semplicistica al problema che, comunque, come detto, è più americano che europeo e, comunque, non italiano dove la modificazione di un percorso ben bilanciato potrebbe minare alla base la sostenibilità economica di programma di sanità pubblica consolidato con conseguenti sperequazioni nell’offerta di prevenzione.
Pur se discussi così appassionatamente, non sono ancora mutati né i fondamenti scientifici che dimostrano l’utilità della diagnosi precoce del cancro del seno con il PSM né è modificata in Svizzera la decisione di continuare il PSM così come sancito nella Strategia Nazionale contro il Cancro 2014-2017 adottata dalla Confederazione e dai Cantoni.
La proposta del Board è pertanto, almeno per ora, bocciata: in sintonia con l’OMS la Svizzera mantiene le sue raccomandazioni poiché l’Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) non vede la necessità immediata di modificare tale strategia.

dr. Paola Cosmacini