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Gentile dottore,
avs
sono un cittadino svizzero di seconda generazione, naturalizzato anche in Italia. Ho letto che il Governo vuole far cassa sulla pelle delle vedove, andando a toccare anche la pensione di reversibilità. È un allarme realistico oppure sono solo voci di corridoio? E dal funzionamento attuale come cambierebbe eventualmente il sistema?
Grato per l’attenzione e per il tempo che dedica alle nostre questioni

M.R. Roma

Gentile lettore,

Le ricordiamo che il nostro operato, webmaster, redazione e consulenti, è assolutamente gratuito e volontario a disposizione della Comunità Svizzera per questa ragione vengono pubblicati sul sito, una volta mese, un quesito posto per ogni rubrica, con la relativa risposta che sia di interesse generale.

Per il sostegno delle nostre attività sono graditi “versamenti liberali” da effettuare mediante bonifico sul nostro c/c bancario IBAN: IT 50 Q 05216 03216 000000005712 – Credito Valtellinese, intestato a Circolo Svizzero.

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Prima di rispondere compiutamente alla sua domanda mi consenta di fare una piccola premessa. La pensione di reversibilità è una prestazione economica, ovvero una somma di denaro che viene erogata in favore dei familiari superstiti di un pensionato, sempre se da loro richiesta, dal momento della morte di quest’ultimo.
La pensione indiretta, invece, è la prestazione erogata in favore dei familiari di un lavoratore non pensionato se il lavoratore aveva maturato, alternativamente:
• almeno 780 contributi settimanali (pari quindi a circa 15 anni di lavoro anche non continuativo) ;
• almeno 260 contributi settimanali (pari quindi a circa 5 anni di lavoro) di cui almeno 156 nei cinque anni precedenti la morte.

La pensione di reversibilità può essere erogata in favore:
• del coniuge (marito o moglie) superstite anche se al momento della morte è separato;
• dei figli che al momento della morte del genitore sono minorenni, inabili, studenti universitari e a carico dei genitori;
• dei nipoti che alla morte del nonno o della nonna erano a loro totale carico.

La pensione spetta a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuto il decesso a prescindere dal momento in cui viene presentata la domanda.

In caso di coniuge superstite separato, se all’atto della separazione il giudice aveva addebitato la separazione al coniuge poi sopravvissuto (separazione per colpa) il diritto alla pensione di reversibilità nasce soltanto se il Giudice aveva riconosciuto in suo favore gli alimenti, ovvero sia il diritto di ricevere una somma, di importo ridotto rispetto al c.d. assegno di mantenimento, dovuta in ragione delle condizioni economiche del tutto precarie tali da non consentirgli di avere mezzi di sostentamento.

Per quanto riguarda invece il coniuge superstite divorziato, il diritto alla reversibilità nasce soltanto se in sede di divorzio il Giudice aveva riconosciuto in suo favore un assegno divorzile, ovverosia il diritto di ricevere una somma di denaro periodica, normalmente mensile, con una funzione analoga a quella dell’assegno di mantenimento che viene stabilito in sede di separazione.

Se mancano il coniuge, i figli o i nipoti la pensione può essere assegnata anche ai genitori che hanno un’età inferiore a 65 anni e che non siano già, a loro volta, titolari di una pensione, sempre che alla data della morte del parente risultino a carico di quest’ultimo.

Se manca anche il genitore la pensione può essere assegnata ai fratelli (non sposati) inabili che non siano a loro volta titolari di una pensione sempre che alla data della morte del parente risultino a carico di quest’ultimo.

La somma di denaro che viene erogata ai superstiti non corrisponde per intero all’importo della pensione di cui era titolare il defunto; infatti l’importo della pensione di reversibilità viene stabilito in una percentuale della pensione a suo tempo goduta dal defunto.

In linea di massima la pensione ai superstiti si determina secondo questi parametri:
• il 60% della pensione spettante al defunto se viene erogata in favore del solo coniuge superstite (N.B. Le pensioni ai coniugi superstiti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2012 sono soggette ad una riduzione dell’aliquota percentuale, nei casi in cui il deceduto abbia contratto matrimonio ad un’età superiore a 70 anni; la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni o il matrimonio sia stato contratto per un periodo di tempo inferiore ai dieci anni. La decurtazione della pensione ai superstiti non opera qualora vi siano figli minori, studenti o inabili);
• il 70% della pensione spettante al defunto se viene erogata in favore di un solo figlio superstite;
• l’80% della pensione spettante al defunto se viene erogata in favore del coniuge e un figlio ovvero due figli senza coniuge;
• il 100% della pensione spettante al defunto se viene erogata in favore del coniuge superstite e di due figli oppure di tre o più figli.

Viene applicata una maggiorazione del 15% per ogni altro familiare (che abbia diritto alla reversibilità) diverso dal coniuge, dai figli o dai nipoti.

La somma di denaro che viene erogata ai superstiti viene ridotta se il titolare possiede altri redditi. In particolare:
• riduzione del 25% se il reddito del beneficiario è superiore a 3 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti
• riduzione del 40% se il reddito del beneficiario è superiore a 4 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti
• riduzione del 50% se il reddito del beneficiario è superiore a 5 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti

La domanda relativa alla pensione di reversibilità e alla pensione indiretta si presenta per via telematica utilizzando i servizi telematici dell’INPS attraverso il relativo sito internet inps.it utilizzando il codice PIN a disposizione del singolo cittadino.

In alternativa è possibile affidare la pratica ad un patronato. Gli enti di patronato riconosciuti dall’INPS sono indicati in https://www.inps.it/AgendaSedi/info_patronati.asp. È possibile inoltre contattare il Call center INPS al numero gratuito 803164.

Può accadere che il lavoratore defunto non abbia raggiunto i requisiti per ottenere una pensione. In questo caso i familiari possono soltanto ottenere delle indennità.

Si parla in questo caso di

– indennità per morte: dovuta ai supersiti del lavoratore che risulti assicurato INPS fino al 31.12.1995 (e che non abbia raggiunto i requisiti per la pensione e non fosse titolare di pensione diretta) sempre che nessuno dei superstiti abbia i requisiti per ottenere a sua volta la pensione indiretta e nei cinque anni precedenti alla morte il defunto abbia versato almeno un anno di contributi. La domanda va presentata entro un anno dalla morte del lavoratore diversamente si perde il diritto all’indennità;

– indennità “una tantum”: dovuta ai supersiti del lavoratore che risulti assicurato INPS a partire dal 31.12.1995 (e che non abbia raggiunto i requisiti per la pensione e non fosse titolare di pensione diretta) sempre che non abbiano i requisiti per ottenere la pensione indiretta, non abbiano diritto a rendite per infortunio sul lavoro o malattia professionale conseguenti alla morte del parente e abbiano redditi che non superano i limiti per la concessione dell’assegno sociale (che spetta ai cittadini che si trovino in condizioni economiche disagiate ed abbiano situazioni reddituali particolari).

Entrando nello specifico del suo quesito, effettivamente possiamo denunciare l’arrivo di un disegno di legge delega del Governo alla commissione lavoro della Camera, contenente un punto molto controverso che andrebbe ad incidere appunto sul diritto alla pensione di reversibilità. Spiegando con parole semplici, secondo il ddl le reversibilità saranno considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali.

Ciò significa letteralmente che l’accesso alla pensione di reversibilità sarà legato all’Isee, (acronimo di Indicatore Situazione Economica Equivalente) tale indice rapportato quindi al reddito familiare complessivo con una rilevanza anche patrimoniale, andrà a ridurre inevitabilmente il numero delle persone che continueranno a veder garantito questo diritto.

Com’è noto, infatti, l’asticella dell’Isee è molto bassa e per superarla basta poco, facendo saltare tutti i benefici.

Per fare un esempio, è sufficiente che una donna anziana viva ancora con suo figlio che percepisce anche un piccolo reddito da lavoro per far saltare il diritto o che la stessa donna decida di condividere la casa con un’amica, magari anche lei vedova e titolare di pensione, per perdere la reversibilità. A contribuire all’Isee è anche la casa: la vedova che vive nella dimora coniugale rimarrebbe così con la casa ma senza alcun reddito.

Ad essere colpite, com’è evidente, saranno soprattutto le donne, principali beneficiarie della prestazione in quanto aventi un’età media più alta rispetto agli uomini.

Se dovesse passare così com’è il ddl andrebbe a demolire un diritto individuale infatti la pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale a tutti gli effetti, legata a dei contributi effettivamente versati. Che in molti casi sparirebbero nel nulla, o meglio, resterebbero nelle casse dello Stato.

Ci auguriamo comunque che tale disegno di legge possa essere oggetto di ripensamento nella discussione che si aprirà a breve in commissione lavoro.

Dott. Goffredo RUSSO WÄLTI
Studio Russo Wälti e Associati
Via Reno, 21- 00198 Roma