Condividi su:

Al 1° gennaio 2017 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno sull’anno precedente, un quarto degli abitanti ha più di 65 anni. Questa la fotografia scattata dall’Istat nel report sugli indicatori demografici.

La natalità conferma la tendenza alla diminuzione: il livello minimo delle nascite del 2015, pari a 486 mila, è superato da quello del 2016 con 474 mila, circa 12.000 in meno rispetto all’anno precedente (-2,4%). Il calo interessa tutto il territorio nazionale, con la sola eccezione della Provincia di Bolzano che registra invece un incremento del 3,2%. Rispetto al 2015, spiega l’Istat, i tassi di fecondità si riducono in tutte le classi di età delle madri sotto i 30 anni mentre aumentano in quelle superiori. L’età media delle donne al parto è di 31,7 anni.

Dopo il picco del 2015 con 648 mila casi, i decessi sono 608 mila, un livello elevato, in linea con la tendenza all’aumento dovuta all’invecchiamento della popolazione.

Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).

Il saldo migratorio estero nel 2016 è pari a +135 mila, un livello analogo a quello dell’anno precedente ma, rispetto a quest’ultimo, è determinato da un maggior numero di ingressi (293 mila), e da un nuovo massimo di uscite per l’epoca recente (157 mila).

Si allunga di molto l’età media. All’1 gennaio 2017, annuncia l’Istat, la vita media per gli uomini raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne 85,1 anni (+0,5 sul 2015 e +0,1 sul 2014) ed i residenti ultranovantenni sono 727mila. Sebbene questo segmento della popolazione rappresenti oggi appena l’1,2% del totale dei residenti, il suo peso assoluto e relativo nei confronti della popolazione complessiva è andato aumentando nel tempo. Il fattore determinante per l’incremento della popolazione molto anziana è naturalmente il progressivo abbassamento dei rischi di morte.

Ciò si deve, in primo luogo, a una combinazione di alcuni fattori trainanti, tra i quali i trattamenti medico-ospedalieri, la qualità dei servizi di prevenzione, le condizioni di vita in generale degli anziani, gli stili di vita in termini nutrizionali, abitativi e di contrasto ai fattori di rischio, come ad esempio la variazione nelle modalità di consumo di tabacco. Esattamente quindici anni fa gli ultranovantenni ammontavano a 402mila e costituivano solo lo 0,7% del totale. Da allora essi sono aumentati in maniera costante, salvo che nella parentesi relativa al quadriennio 2007-2010. Tale periodo, riflette la momentanea riduzione dei grandi anziani dovuta agli eventi bellici degli anni 1916-1919, del primo conflitto mondiale e nell’anno di culmine dell’epidemia da influenza “spagnola”.