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Il 29 novembre 2018, il Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, riunito a Port-Louis (Repubblica di Mauritius), ha deciso di iscrivere la gestione del rischio di valanghe e l’arte dei muretti a secco nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Nell’ambiente alpino il fenomeno delle valanghe ha dato vita a forme collettive di gestione del rischio. Nel corso dei secoli, la popolazione montana ha sviluppato numerose strategie per affrontare il fenomeno: addestrare cani da valanga, analizzare il manto nevoso, documentare le valanghe, proteggere le abitazioni, formare guide, raccontare storie. Questo repertorio di conoscenze tecniche, sociali e culturali è costantemente aggiornato dagli abitanti di montagna e dagli specialisti e permette di prevenire efficacemente le valanghe, di proteggersi in caso di pericolo e di mettere in salvo eventuali vittime. L’iscrizione alla Lista rappresentativa dimostra che la gestione dei pericoli naturali non solleva soltanto difficoltà tecniche, ma rappresenta anche una sfida culturale alla quale ogni società risponde con soluzioni proprie che vengono trasmesse alle generazioni future.

Sottoposta all’UNESCO nel marzo 2017, la candidatura è stata presentata dalla Svizzera e dall’Austria. Misure di accompagnamento permetteranno di sensibilizzare la popolazione al rischio di valanghe e al suo significato culturale attraverso corsi di formazione, scambi d’informazioni e mostre.
È stata iscritta alla Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale anche l’arte dei muretti a secco, frutto di una candidatura transnazionale presentata sotto la direzione della Grecia insieme a Svizzera, Croazia, Spagna, Francia, Italia, Slovenia e Cipro.

L’UNESCO evidenzia che « l’arte dei muretti a secco » consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra. Queste conoscenze pratiche vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde, e tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame, e testimoniano i metodi usati, dalla preistoria ai nostri giorni, per organizzare la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali. Queste costruzioni dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione.

Valorizzando una tecnica di costruzione ampiamente diffusa e declinata in base alle particolarità locali, questa candidatura testimonia l’importanza della cooperazione internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

Photo: Pixabay.com