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Dopo cinque settimane di lavori, venerdì 13 ottobre si è conclusa la 54a sessione del Consiglio dei diritti umani dell’ONU. La Svizzera, insieme altri sette Paesi, ha colto un successo diplomatico ottenendo l’adozione a larga maggioranza di una risoluzione sulla pena di morte.

Il risultato è stato netto: la risoluzione sulla pena di morte è stata adottata dal Consiglio dei diritti umani con 28 voti a favore, 11 contrari e 7 astensioni. È un successo convincente per la Svizzera, dopo lunghi e difficili negoziati su un tema divisivo. La risoluzione, presentata insieme a Belgio, Benin, Costa Rica, Francia, Messico, Mongolia e Repubblica di Moldova, verte sulle violazioni dei diritti umani legate all’uso della pena di morte e promuove lo sviluppo di standard internazionali per porvi rimedio. In termini pratici, l’obiettivo è ridurre il campo d’applicazione della pena di morte.

Di volta in volta viene affrontato un tema specifico. Quest’anno il testo verteva sul diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena, nonché sul diritto di ricorso. La risoluzione votata oggi contiene quindi disposizioni importanti per rafforzare il rispetto di questi diritti procedurali fondamentali. È anche stato lanciato un appello agli Stati mantenitori affinché pongano fine alla pena di morte obbligatoria, che non lascia alcun margine di manovra ai tribunali.

In un contesto caratterizzato da crisi sempre più frequenti e prolungate, il carico di lavoro del Consiglio dei diritti umani è in aumento. Le sessioni diventano più lunghe e più intense. È un segnale, da un lato, che la ricerca di soluzioni e il dialogo stanno diventando sempre più difficili e, dall’altro, che la situazione dei diritti umani a livello globale sta peggiorando.

A titolo di esempio, la situazione dei diritti umani in Sudan si è particolarmente aggravata dalla sessione straordinaria del Consiglio dei diritti umani del maggio 2023 a oggi. In questo contesto, la Svizzera si è impegnata a garantire che i responsabili rispondano del loro operato e che la lotta contro l’impunità venga rafforzata. Ha partecipato al dialogo con l’Alto Commissario per i diritti umani sulla situazione di tali diritti in Sudan e ha condannato le persistenti violenze nel Paese. Inoltre, ha chiesto che vengano condotte inchieste sulle presunte violazioni dei diritti umani in Sudan e ha sostenuto una risoluzione per l’istituzione di una missione di accertamento dei fatti volta a indagare sulle violazioni commesse nel contesto del conflitto armato in corso.

Anche la situazione in Russia è stata al centro delle discussioni. Per la prima volta, al Consiglio si è svolto un dialogo con la relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nella Federazione russa, il cui mandato è stato creato nell’ottobre dello scorso anno.
In questa sessione, la Svizzera, in collaborazione con Argentina e Marocco, ha anche presentato una risoluzione per rinnovare il mandato del relatore speciale per la promozione della verità, della giustizia, della riparazione e delle garanzie di non ripetizione, creato nel 2011. La risoluzione in questione è stata adottata per consenso.

Si tratta infatti di principi essenziali nei contesti caratterizzati da gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Le misure di giustizia di transizione consentono di combattere l’impunità, di spezzare i cicli di violenza, di ripristinare la dignità delle vittime e di prevenire crisi future.

Infine, il Consiglio dei diritti umani ha nominato un candidato svizzero come nuovo relatore speciale sulle questioni delle minoranze: Nicolas Levrat, direttore dell’Istituto di studi globali dell’Università di Ginevra. I relatori e le relatrici speciali adempiono i rispettivi mandati come esperti ed esperte indipendenti e imparziali.

Fonte: Dipartimento federale degli affari esteri
foto; pixabay