Romanzo autobiografico scritto da Madame de Staël nel 1807 ed ambientato alla fine del ‘700: “Corinne ou l’Italie” narra la vicenda della poetessa Corinna, una giovane italo-inglese che, durante un soggiorno in Italia, si innamora del suo connazionale Lord Oswald Nelvil, anche lui in viaggio in Italia dopo la morte del padre. Un amore destinato a finire in tragedia con la morte della poetesssa. La storia d’amore dei due giovani è l’occasione per narrare dell’Italia, vera protagonista del romanzo, di cui Madame de Staël descrive, con passione, costumi, arte, beni archeologici e luoghi.
Costumi e carattere degli italiani
(…) Corinna si era completamente separata dal mondo per dedicarsi ai suoi sentimenti per Oswald. Ma alla fine ferita dal suo silenzio riguardo al loro futuro, decise di accettare l’invito per un ballo in cui era molto desiderata.
Niente risulta più indifferente a Roma che uscire dalla società e riapparirvi di volta in volta, a seconda di come conviene, appunto è il Paese dove ci si preoccupa meno di quello che altrove si chiama pettegolezzo: ognuno fa quello che vuole senza che nessuno lo sappia, a meno che non incontri un ostacolo alla sua vita, amore o ambizione negli altri. I romani non si preoccupano della condotta dei loro connazionali più che di quella degli stranieri che passano e ripassano per la loro città, luogo di incontro degli europei.
Quando Lord Nelvil seppe che Corinna sarebbe andata al ballo, si arrabbiò. Per qualche tempo aveva creduto di vedere in lei un’indole malinconica affine alla sua, all’improvviso lei sembrò appassionatamente occupata nel ballo, talento in cui eccelleva, e la sua fantasia sembrava animata dalla prospettiva della festa.
“Devo, disse a Lord Nelvil, che la rimproverava per questa intenzione, devo tuttavia sapere se al mondo non c’è più niente oltre a te che possa riempire la mia vita, se ciò che una volta mi piaceva non può ancora divertirmi, e se il sentimento che ispiri in me deve assorbire tutti gli altri interessi e tutte le altre mie idee”.
“Quindi vuoi smettere di amarmi?” Rispose Oswald.
“No, rispose Corinna, ma è solo nella vita domestica che può essere piacevole sentirsi dominati da un unico affetto. A me che ho bisogno dei miei talenti, della mia mente, della mia immaginazione per sostenere lo splendore della vita che ho adottato questo mi fa male, molto male, amare come ti amo io”.
“Allora non mi sacrificheresti, disse Oswald, questi tributi, questa gloria?..”
“Che ti importa, disse Corinna, di sapere se li scarificherei! Non bisogna, poiché non siamo destinati l’uno all’altra, che si appassisca per sempre per me il tipo di felicità cui devo accontentarmi.”
Lord Nelvil non rispose, perché era necessario, nell’esprimere il suo sentimento, dire anche quale disegno questo sentimento ispirasse in lui e il suo cuore ancora non lo sapeva. Perciò rimase in silenzio, sospirando, e seguì Corinna al ballo, anche se andarci gli costò molto.
Era la prima volta dopo la sua disgrazia che vedeva un grande raduno, e il tumulto di una festa gli causò una tale impressione di tristezza che rimase a lungo in una stanza attigua a quella del ballo, con la testa appoggiata sulla mano, e senza nemmeno di cercare di vedere Corinna ballare ascoltando la musica da ballo che, come tutta la musica, fa sognare anche se sembra destinata solo alla gioia. (…) Il conte d’Erfeuil arrivò, deliziato dal ballo e dall’assemblea, una deliziosa compagnia che gli ricordava un po’ la Francia. “Ho fatto quello che ho potuto”, disse a Lord Nelvil, “per trovare un certo interesse per queste rovine di cui si parla così tanto a Roma. Non ci vedo nulla di bello, è un pregiudizio ammirare questi detriti ricoperti di rovi. Dirò la mia opinione quando tornerò a Parigi, perché è ora che finisca questo prestigio dell’Italia. Non c’è monumento in Europa, giunto oggi nella sua interezza, che non valga di più di questi spezzoni di colonne, di questi bassorilievi anneriti dal tempo, che si possono ammirare solo da lontano a forza di erudizione. Un piacere che bisogna conquistare con tanto studio non mi sembra in sé molto vivo, perché per deliziarsi con gli spettacoli di Parigi nessuno ha bisogno di impallidire sui libri”.
Il conte di Erfueil sentì nominare Corinna nella sala da ballo ed entrò per sapere di cosa si trattava. Lord Nelvil si avvicinò alla porta e vide il Principe di Amalfi, un napoletano dal viso bellissimo che pregò Corinna di ballare con lui la Tarantella, un ballo napoletano, pieno di grazia e originalità. Anche gli amici di Corinna glielo chiesero Lei accettò senza che nessuno glielo chiedesse, cosa che sorprese non poco il conte di Erfeuil, abituato com’era ai rifiuti con cui è consuetudine precedere il consenso. Ma in Italia non conosciamo questo tipo di grazia e tutti credono semplicemente di piacere di più alla società affrettandosi a fare ciò che essa desidera. Corinne avrebbe inventato questo metodo naturale, se non fosse già in uso. (…)
(fine prima parte)