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Una fiaba è proposta in questa puntata della rubrica Antologia dove si compie un viaggio letterario attorno alla Svizzera ed alla sua cultura, una panoramica su come è stata percepita e conosciuta al di fuori dei suoi confini e come lei stessa ha visto il mondo che la circondava.

Questo racconto è tratto dal volume “Traditions et légendes de la Suisse romande”, una raccolta fiabe e leggende della Svizzera romanda edita da Daguet nel 1872 che raccoglie gli scritti di vari autori.

Il Siwiboden

Il Siwiboden si trova a nord della valle di Saas, sul versante orientale della montagna, poiché forma una linea sporgente lo si può vedere da molto lontano. A questa altezza il bosco non cresce. Un tempo i ghiacciai ricoprivano tutta questa parte della montagna. Lo si può notare esaminando da vicino le rocce che sono ovunque levigate dall’attrito. Non lontano da lì, invece, contrariamente al resto, troviamo una roccia scabra, dagli spigoli vivi e taglienti.

Si dicono molte cose strane sul Siwiboden. Secondo la tradizione, una frana seppellì una città da cui usciva un drappello di cavalieri che si stavano recando a cena in un villaggio vicino. Questa località si chiama ancora Repas des Chevaliers.

E’ molto probabile che queste alture fossero abitate in tempi lontani, quando, dopo l’era glaciale, il clima si addolcì e divenne più mite sebbene il fondovalle fosse ancora sommerso dall’acqua.

A Stalden sono stati ritrovati degli antichi atti che attestano che a Finnelen, una lega a nord di Siwiboden, esisteva un convento femminile nel mezzo di un meleto. Oggi i frutteti forniscono a malapena un raccolto di fieno e solo gli abeti ombreggiano i prati.

La storia narra che una volta, un uomo incontrò sul Siwiboden una donna bellissima e magnificamente vestita che gli raccontò che, durante la sua vita, aveva vissuto in città e possedeva immensi tesori. Dopo la sua morte, però, fu condannata a conservare questi beni fino a quando un uomo non fosse stato disposto ad accettarli. Se si sentiva disposto ad intraprendere l’impresa, non gli restava che manifestare il suo desiderio e darle un bacio. Ma per ricevere il bacio la donna avrebbe dovuto cambiare forma.

Il nostro montanaro promise tutto quello che gli chiedeva. La maga s’allontanò assicurandolo che sarebbe tornata in breve tempo e che, del resto, non gli avrebbe fatto alcun male.

Poco dopo apparve un serpente gigantesco che faceva tremare la terra sotto il peso delle sue squame scintillanti. L’uomo tremò e rimpianse la sua promessa perché non si sentiva più la forza per mantenerla. Nel frattempo il serpente, gli era avvicinato ed aveva alzata la sua terribile testa all’altezza della bocca del montanaro perché la baciasse, ma lui non vi pose il bacio promesso.

La donna, così, non fu liberata ed i suoi tesori rimasero nascosti per sempre. Il montanaro, al culmine del terrore, tornò al villaggio dalla sua famiglia. Qualche giorno dopo si mise le scarpe e partì per Roma da dove non è ancora tornato.