Quarto e ultimo momento dell’intervento tenuto dal poeta e scrittore svizzero Carl Spitteler, di cui si è celebrato il centenario della morte, di fronte alla Nouvelle Société helvétique a Zurigo, il 14 dicembre 1914. Spitteler, Premio Nobel per la letteratura nel 1919, è noto soprattutto per questo suo discorso sulla neutralità pronunciato nel 1914, pochi mesi dopo l’inizio della Prima guerra mondiale in cui analizza i rapporti tra le varie zone linguistiche della Svizzera e della Confederazione con il resto dei Paesi europei. La neutralità della Confederazione è a tutt’oggi un argomento di stringente attualità.
Il nostro punto di vista svizzero
E veniamo ora all’essenziale: i nostri rapporti con la Svizzera romanda. Ripeto, speriamo e contiamo che, lì, un confederato si incaricherà di illuminare le menti, come stiamo facendo oggi, per il bene della giustizia e della neutralità. Una cosa è certa: la nostra unione deve essere più stretta. Ci arriveremo comprendendoci meglio. Tuttavia, per comprenderci meglio, dobbiamo conoscerci meglio.
Cosa sappiamo della Svizzera francese, della sua letteratura, della sua stampa? Lascio a ciascuno la risposta a questa domanda. Finora abbiamo voluto cercare la soluzione nei periodici scritti in tre lingue. Perfetto! Ma non si tratta solo di scrivere, bisogna essere letti. Per conto mio consiglierei un’altra strada: la pubblicazione, da parte dei nostri giornali, di traduzioni di articoli dalla Svizzera francese. Ne varrebbe la pena. Diversi nella forma e nel contenuto, questi articoli contribuirebbero a completarci e rinnovarci. Siamo stati fin troppo pusillanimi.
Anche da noi non sarebbe stato fuori luogo un articolo come “Il destino del Belgio”, di Georges Wagnière. Lo stile di molti passaggi, non esito ad affermarlo, potrebbe essere citato come modello. Nelle ultime settimane ho avuto talvolta davanti agli occhi il Journal de Genève, di cui conoscevo appena il nome. Sei numeri al massimo. Tuttavia, in questi sei numeri ho incontrato quattro volte articoli approfonditi di Georges Wagnière, Paul Seippel e Albert Bonnard, le cui qualità letterarie mi hanno riempito di ammirazione. Una piccola goccia di buon senso welsche nel nostro positivismo germanico non farebbe alcun male!
Per concludere, un consiglio che troverà la sua applicazione nei nostri rapporti con tutte le potenze straniere: siamo modesti. Con la nostra modestia mostriamo alle grandi potenze la nostra gratitudine per il fatto che ci esentano dall’essere coinvolti nelle loro sanguinose controversie. Con la nostra modestia paghiamo all’Europa ferita a morte il tributo che dove pagato al dolore: il rispetto. Infine, per modestia, chiediamo scusa. “Scusarsi per cosa?” Chiunque sia mai stato al capezzale di un malato sa cosa intendo. Un uomo con un cuore ha bisogno di essere perdonato per aver goduto del proprio benessere mentre gli altri soffrono. Soprattutto non dal tuo protettore, niente sermoni. Resta inteso che l’uomo che non è coinvolto emotivamente mantiene uno sguardo più chiaro, un giudizio più retto rispetto a chi è direttamente coinvolto nella mischia. Il vantaggio di cui gode è un vantaggio di posizione, non un privilegio morale. Inutile dire che eventi così toccanti dovrebbero essere trattati con grande serietà, con semplicità, senza violenza e senza passione. E’ uno spettacolo grottesco quello di una foglia di cavolo che, sicura della sua inviolabilità, insulta, in stile cabaret, una grande potenza europea, come se si trattasse di una pacifica elezione municipale! Se poi la censura arriva con la museruola, compie un atto di decenza.
Né la nota gioiosa né quella beffarda dovrebbero, in nessun caso, udirsi nella nostra casa. La provocazione è un fenomeno brutale della mente che difficilmente incontriamo nelle file degli eserciti. Solo la rabbia giustifica lo scherno. Ma per noi questa scusa non vale. Che gli abitanti del paese vittorioso gioiscano alla notizia di un trionfo che li libera da una penosa angoscia, niente potrebbe essere più naturale. Ma noi non abbiamo bisogno che ci liberino dall’ansia. Lo scherno e l’allegria, che sono i due mezzi più potenti per esprimere la partigianeria, per questo motivo devono essere banditi da un paese neutrale. Inoltre seminano discordia. Quando due persone sentono contemporaneamente la notizia di una vittoria, se uno trionfa e l’altro ne soffre, quello che soffre sviluppa un profondo odio contro colui che trionfa. Per molto tempo ho creduto che lo scherno fosse la peggiore delle cose. Ebbene, vedo oggi che c’è qualcosa ancora peggiore: la gioia che si può provare alla vista delle disgrazie altrui e che si traduce in sogghigni sornioni o commenti ironici e interiezioni da primitivi. Accanto a chi sospira e a chi geme, c’è chi singhiozza. Anche le solite battute sui falsi bollettini di guerra sono contaminate da presunzione. Chi mente in questi comunicati stampa? Non è questa o quella nazione, sono i vinti di turno. È facile per il vincitore rimanere nella verità. Ma possiamo chiedere ai vinti di proclamare forte e chiaro la loro sconfitta? Questo va oltre le forze umane. Anche noi schernitori non potevamo farlo.
E poiché parliamo di modestia, una preghiera modesta: parliamo nel modo più gentile possibile dell’alta missione della Svizzera, che invochiamo volentieri nelle nostre fantasie poetiche. Noi svizzeri sappiamo bene cosa significa.
Osservare una giusta linea di condotta non è così difficile come si potrebbe pensare, dopo questa esposizione della logica. Se dovessi tenere i dettagli in testa, sì. Ma questo non è necessario, perché devi solo trarre ispirazione dal tuo cuore. Quando vedi passare un corteo funebre, cosa fai? Ti scopri. Se assisti alla rappresentazione teatrale di una tragedia, cosa provi? Emozione e meditazione. E come esprimi questi sentimenti? Con un silenzio profondo e partecipe. E senza che nessuno te lo abbia insegnato, vero? Uno speciale favore del destino ci ha permesso di assistere, come spettatori, alla terribile tragedia che si sta consumando in Europa. Sulla scena c’è il lutto, dietro le quinte, l’omicidio. Da qualunque parte il tuo cuore ascolti, a destra o a sinistra, senti il dolore singhiozzare, e quando il dolore singhiozza fa lo stesso suono in tutte le lingue.
Ebbene, considerando l’incommensurabile quantità di sofferenza di tutti questi popoli, abbiamo il dovere di lasciare che i nostri cuori si riempiano di emozioni silenziose, le nostre anime di raccoglimento. E, soprattutto, scopriamoci di fronte al lutto.
Allora ci collocheremo sul vero punto di vista neutrale, il punto di vista svizzero.
trad. MdP