La rubrica Antologia nel suo viaggio attorno alla letteratura svizzera, propone un estratto delle “Réflexions sur le divorce” di M.me Suzanne Curchod Necker, nata a Crassier (Vaud) nel 1739, si trasferì poi in Francia dove sposò, il finanziere svizzero Jacques Necker, ed a Parigi aprì il suo salotto, l’ultimo dell’Ancien Régime. Scrisse “Mémoire sur l’Etablissement des hospices” nel 1786 e le “Réflexions sur le divorce” nel 1794 di cui abbiamo scelto dei brani iniziando dall’introduzione scritta dallo stesso editore De Lescure. Oggi proponiamo la terza parte dello “Studio letterario e morale su Madame Necker”, lunga e appassionata introduzione al testo in cui De Lescure traccia la vita dell’autrice e la cui lettura colpisce per lo stile con cui viene descritta la figura di M.me Necker: un modo di esprimersi così diverso da quello odierno da sembrare alle volte eccessivo o adulatorio ma che, con grande garbo, vuole esaltare le doti di Suzanne Curchod, donna colta e letterata, moglie e benefattrice.
Riflessioni sul divorzio
Studio letterario e morale su Madame Necker – terza parte
Non è questo il luogo per scrivere e neppure provare a raccontare la storia del salotto di Madame Necker. Non sarebbe che quella della buona società del suo tempo che vi passò tutta intera nella persona dei suoi più illustri rappresentanti francesi o stranieri. (…)
Tutt’al più potremmo provare a tratteggiare con una matita veloce e discreta i tratti caratteristici della fisionomia originale della Signora Necker come padrona di casa. Avremo annotato i tratti più rimarchevoli quando avremo sottolineato con quale arte fatta di volontà, di pazienza e tatto, qualunque cosa si sia voluta dire di alcune goffaggini iniziali, inevitabili per l’inesperienza di una straniera, per quanto tempestiva sia stata la sua iniziazione. La Signora Necker avendo deciso di creare un salotto, per la doppia soddisfazione del suo gusto per i piaceri dello spirito e della dedizione alla gloria da suo marito, alla fine venne a capo di questa difficile creazione e giustificò con il successo un’ambizione che avrebbe potuto sembrare spericolata.
Si trattava per lei, – e insistiamo per fare apprezzare le doti di socievolezza e ospitalità che ella aveva dovuto dispiegare, straniera, borghese, moglie di un banchiere, – per navigare abilmente in modo da evitare gli scogli e i naufragi portati da inevitabili e formidabili rivalità.
(Per il successo del salotto) era necessario evitare di mostrare di voler fare la seppur minima concorrenza all’influenza, da così tanto tempo accreditata, dei tre grandi centri del dominio femminile alla fine del XVIII secolo, dei tre santuari della conversazione mondana, politica, filosofica e letteraria; infine non scontrarsi, litigandosi i loro ospiti, con le tre potenze che avrebbero potuto coalizzarsi per schiacciarla: il salotto della Signora Geoffrin, il salotto della Signora marescialla di Lussemburgo, il salotto della Signora du Deffand. Se il successo era difficile e lusinghiero, il fallimento sarebbe stato la rovina delle ambizioni più nobili, delle più care speranze della Signora Necker.
In pochi anni che non furono privi di sforzi né senza delusioni, la Signora Necker giunse al risultato che, lungi dal litigare con la Signora Geoffrin, la Signora di Lussemburgo e la Signora du Deffand, ne ha fatto le sue protettrici e, fino ad un certo punto, le sue amiche, finendo per trattare con loro su un piano di parità e familiarità. Lei aveva un salotto ricercato, onorato, influente, senza troppa spesa; perché le pietanze che si preparavano da lei erano ordinarie e il suo cuoco non mirava al titolo d’artista; inoltre, ispirato a serietà e decenza di cui la padrona di casa dava esempio e forniva il modello contenendo in limiti, a volte fastidiosi, libertà di opinione e conversazioni filosofiche. La Signora Necker, malgrado lo spirito che aveva, era troppo preoccupata da quello che desiderava e dirigeva troppo meticolosamente l’organizzazione per essere una conversatrice sempre gradevole. Almeno sapeva ascoltare, il che è molto, anche se ascoltava con la preoccupazione troppo evidente di apprendere, di utilizzare gli appunti del giorno prima e quelli per il giorno dopo. Suo marito, che aveva spirito, allegria ed era capace di eloquenza, non prendeva, stanco di lavori e di calcoli, che una parte è distratta e talvolta anche indifferente a queste conversazioni da cui si teneva spesso in disparte.
Nonostante questo distacco e questi difetti della sua gestione, la Signora Necker riuscì ad attrarre nel tuo salotto, grazie al nuovo fascino di una gentilezza che era incontestabile come la sua virtù; all’attrazione esercitata da quest’aria di onestà, di moralità, di cordialità che non si respirava che lì, non solo i frequentatori abituali di altri salotti alla moda, ma anche frequentatori assidui che non si potevano trovare altrove. Domò la ferocia di Diderot e l’eloquente cinico era, davanti a lei, rispettoso e dignitoso; contenne, senza spaventarlo, la verve paradossale e la pantomima scimmiesca dell’abate Galiani, (…). Infine, la Signora Necker ha trovato un modo per riunire e mantenere nelle sue relazioni di ospitalità e intimità, nella sua attività di conversazione e di lettere, una società le cui disparità e contrasti non potevano cancellarsi e calmarsi che sotto influenza di un’autorità dolce e persuasiva come la sua.
Era necessario certo, a giudicarla dal punto di vista di questo difficile e unico trionfo, essere una donna straordinaria e rimanere ad un tempo amica dei Marmontel, dei Morellet, dei d’Alembert, dei Diderot, degli abbati Raynal e Arnauld, dei Grimm, dei Dorat, dei Bernard, dei Suard, dei Bernardin de Saint-Pierre, dei Thomas, dei Buffon. (…)
Il salotto di Madame Necker fondò e consacrò la sua influenza diventando uno dei santuari dell’ammirazione per Voltaire e uno dei centri di sottoscrizione e propaganda per l’erezione, in vita, di una statua al patriarca di Ferney. Il successo di questa impresa deve essere stato un po’ offuscato, agli occhi della Signora Necker, dall’ostinazione di Pigalle che instette nel rappresentare l’illustre vegliardo in quella nudità antica, per la quale si ebbe grande difficoltà ad ottenere da lui alcune velature. (…)
Lei aveva e comunicava l’entusiasmo per il bene, di cui la bellezza era, ai suoi occhi, solo l’espressione più perfetta. (…) Molti dei ospiti e amici furono anche suoi debitori. (…)
Se la sua influenza letteraria svanisce davanti quello dei Geoffrin e dei du Deffand, (…) la Signora Necker (ha) davanti ai posteri (il più bel titolo): quello di grande benefattrice dell’umanità sofferente, quello di fondatrice di quell’ospedale modello che ancora porta il suo nome.
Il primo ministero di suo marito, (…) le offre l’opportunità di sviluppare e praticare in grande le sue virtù. Gli ammalati, alla data del 1778, erano ancora trattati molto male nel ospedali; basterà dire che ne mettevano più di uno in uno stesso letto e l’ospizio fondato dalla signora Necker nacque in origine “per mostrare la possibilità di trattare un paziente in un letto singolo con tutte le attenzioni della più tenera umanità, e senza superare un prezzo determinato”. La prova fu fatta in un piccolo ospedale con centoventi pazienti soltanto, la signora Necker, fondatrice, ne rimase per dieci anni le direttrice e l’attenta economa.
Fine terza parte
trad. MdP