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reazioni della stampa italiana all’avvio dei negoziati fiscali tra Svizzera e Italia
di Giuseppe Rusconi, apparso sul ‘Corriere del Ticino’ di venerdì 11 maggio 2012.

C’è chi – come il giornale gratuito ‘DNews’, distribuito agli ingressi della metropolitana – dà già per fatta l’intesa Italia-Svizzera in materia fiscale. Appena meno categorico il quotidiano economico ‘Italia oggi’, che al sottotitolo “Accordo fiscale sui conti italiani nelle banche svizzere”, accompagna il titolo “Berna e Roma pronte ai patti”. La maggior parte degli altri giornali resta invece più prudente, come l’altro quotidiano economico ‘Il Sole 24 Ore’, che titola “Italia-Svizzera, riparte il dialogo”. In ogni caso l’annuncio bilaterale della ripresa dei negoziati tra i due Paesi per una soluzione del contenzioso sui capitali italiani in Svizzera trova ampia eco nella stampa peninsulare.

Fischia in Italia il vento della rivolta sociale e ieri se n’è accorto anche il ministro Passera, che si è detto “angosciato” per la mancanza di lavoro e per il conseguente “disagio” che “mette a rischio la tenuta di “metà” del Paese. Per fronteggiare tempi ancora più cupi, emerge dunque la necessità da parte dello Stato di recuperare soldi il più presto possibile, di qualsiasi colore siano e qualsiasi odore abbiano: come scrive ‘Il Fatto quotidiano’ “alla fine anche il governo dei tecnici riesce a trovare un pertugio per infilare la mano nei forzieri svizzeri che custodiscono 150 miliardi di capitali esportati illegalmente dagli evasori italiani”. Una possibilità di recupero che viene illustrata da diversi quotidiani con dovizia di particolari, a volte (come nel caso del già citato ‘Italia oggi’), guadagnandosi un richiamo ben visibile in prima pagina. ‘Il Sole 24 ore’ dedica un’intera pagina al tema, rilevando in un sottotitolo come sia risultato “decisivo” lo sblocco dei ristorni ai frontalieri, deciso dal governo del Canton Ticino”. A tale ultimo proposito anche il quotidiano dei vescovi, l’‘Avvenire’ evidenzia positivamente l’agire del Consiglio di Stato ticinese, rilevando che l’“atto di disobbedienza compiuto nel giugno del 2011 dall’autorità di Bellinzona (…) ha avuto il merito di smuovere le acque”.

Per il romano ‘Messaggero’ (tradizionalmente il più vicino al ‘Palazzo’), la querelle nata sui ristorni era “apparentemente secondaria, ma per l’Italia decisiva”: è giusto però notare che “la vera svolta è probabilmente avvenuta il 16 aprile quando l’Unione europea ha dato il via libera agli accordi conclusi dalla Svizzera con Germania e Gran Bretagna”. Cui, come è noto, si è aggiunta poi l’Austria. Sulla forma dell’auspicato accordo con la Confederazione, la stampa italiana predilige il modello tedesco (un’imposta ‘liberatoria’ una tantum e un’imposta alla fonte sui redditi futuri da capitale). Sul ‘quantum’ l’Italia potrà ricavare dall’auspicato accordo con la Confederazione (tuttavia in tempi prevedibilmente non brevi) le cifre avanzate sono molto ballerine: se ‘la Repubblica’ sogna di “recuperare un tesoro fino a 82 miliardi”, ‘Libero’ la emula titolando di un “bonus da 80 miliardi”. ‘La Stampa’ invece, più realisticamente, parla di “possibili introiti fra 10 e 25 miliardi”, mentre il ‘Corriere della Sera’ scrive di “37 miliardi sull’unghia più 650 milioni l’anno”. In molti annotano infine che nelle trattative, oltre all’imposta sui capitali italiani, entreranno due altri argomenti non meno spinosi: la cancellazione della Svizzera dalla lista nera italiana dei paradisi fiscali e la revisione dell’accordo del 1974 di doppia imposizione (di cui è parte anche la questione della tassazione dei frontalieri).

Fiscalità: occhi puntati sulla Svizzera