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Riflessione sulla frase: “Sono la Croce Rossa”

Come spesso accade, per scrivere prendo spunto da quello che leggo, che vedo, che sento. Stavolta a farmi riflettere, e in un certo senso a farmi andare indietro nel tempo, è stato il testo di un “ringraziamento importante” così lo ha intitolato Fabrizio Crisafulli di Milano, pubblicato il 5 aprile 2020, su FB.
Il ringraziamento è per un servizio di “Prontofarmaco”, servizio prezioso sempre ma soprattutto in questo periodo. Detto questo, ciò che ha fatto scattare in me un pensiero fisso è stata una frase contenuta nel testo: “ La voce giovane di Maria, che mi ha chiamato il secondo giorno dicendo “sono la Croce Rossa”, un’espressione così tenera che mi ha fatto sorridere, e che trasmetteva tutto il suo entusiasmo e il senso di appartenenza.”

Ma ce n’è un’altra, sempre scritta da Fabrizio: “Sono orgoglioso di aver vestito la divisa di Croce Rossa e di aver aiutato migliaia di persone nei miei 20 anni di volontariato”.
Essere Croce Rossa è un modo specifico di essere? Una volta che ti sei fatto benevolmente contagiare dalla “crocerossite”, è vero che resta dentro anche se ad un certo punto decidi di non essere più attivo e di uscire dall’Associazione? E’ vero che non riesci a staccartene anche quando resti all’interno dell’associazione ma per salvaguardare la tua dignità, cerchi un nuovo territorio, un nuovo spazio? La risposta è “sì” non riesci a staccarti perché le persone passano, ci si muove, si gira l’angolo e si volta pagina mentre l’emblema resta là sopra tutto e sopra tutti. La sua forza è incredibile, e lo sta dimostrando in questa dura emergenza.

Essere Croce Rossa, dicevo, porta in sé una grande responsabilità, chi porta questo emblema, chi agisce in none di questo emblema deve essere degno di fiducia, deve essere empatico, deve mettere in pratica i sette Principi Fondamentali verso le persone che incontra per il tempo di un’ora, ma anche verso le persone con cui lavora nel volontariato e nel lavoro dipendente. Questa è una sfida, chi porta questo emblema la deve giocare e la deve vincere.

Fabrizio ha scritto “ E’ stato un lapsus della ragazza, e a me è piaciuto tantissimo.” Credo a Fabrizio, credo che gli sia piaciuto tantissimo ma credo anche che non dovrebbe essere “solo” un lapsus, ma che tutti gli operatori debbano essere coscienti che “essere Croce Rossa” sia una grande responsabilità e al tempo stesso un grande privilegio.
Buon lavoro per chi è in prima linea.

Buon lavoro a chi, nelle sedi, sta dietro e prepara le cose che servono a chi è in prima linea.

Buon lavoro a chi, per ragioni diverse, in questo periodo non può fare alcun servizio attivo ma sostiene i colleghi in maniera diversa.

Un saluto pieno di gratitudine ai familiari dei volontari CRI, sono essi stessi dei volontari, anzi essi sono “i primi volontari, senza il loro appoggio e approvazione l’operatore CRI non potrebbe fare attività.

Buon lavoro alla Croce Rossa, tutta.

M.Grazia Baccolo