Condividi su:

Due nuove tappe di questo diario di viaggio ci fanno inoltrare sempre più nella Svizzera: Berna, la Capitale e Thun.

Berna: i tre orsi ci accolgono indifferenti mangiando grosse carote, patate, pannocchie, in mezzo ai massi che funzionano da habitat naturale. Sono tre orsotti di medie dimensioni che, come la lupa Capitolina a Roma, hanno il compito di rappresentare la fondazione della città. Ma dopo i tre orsi, è lo spettacolo dell’Aare che circonda e traversa la città con un anello ellittico a beare lo sguardo. Di un colore verde smeraldo cristallino, raccoglie le acque delle montagne circostanti ed alimenta una centrale idroelettrica.

Le sponde risalgono ai lati dell’anello con case, ville e boschi, prati e giardini in armonie di forme e colori. Al centro dell’anello, su di un promontorio roccioso, la Berna medioevale caratterizzata da lunghe fughe di palazzi a portici sotto cui si affacciano eleganti boutique, ristoranti, caffetterie e bistrot con tavoli all’aperto. Un’architettura naturale sfruttata dall’uomo per farne un miracolo di bellezza e di buon gusto. Dopo la chiesa di SS.Pietro e Paolo, il Rathaus e la Cattedrale ci accolgono i giardini tra le due Torri di Guardia, trasformate in bar e ristorante con il bel panorama che guarda sul fiume, sugli orti e sui giardini sottostanti offrendo il meritato conforto ai viaggiatori stanchi ed accaldati.

Proseguiamo il viaggio lungo il fiume Aare ed arriviamo al Lago di Thun che costituisce l’accesso all’Oberland Bernese. La passeggiata lungo l’Aare si rivela una sorpresa per la quantità di ponti che uniscono le due sponde del fiume su cui la città si sviluppa. In particolare il ponte di legno coperto; che non è altro che la parte superiore di una diga che regola il flusso delle acque. Dal lato dove l’acqua fa la caduta, un ragazzo, assicurato ad una corda si esercita con la sua tavola da surf. Al lato della strada sovrastante, piegati con cura sul suo zaino, i suoi abiti e le scarpe.

Dall’alto dominano la città la chiesa del ‘300, dedicata a S. Mauro ed il castello. Iniziamo ad inerpicarci per la salita. La chiesa, essendo di fede protestante, è quasi vuota. Oltre al pulpito intagliato, troneggiano due grandi lampadari in cristallo ed una insegna sopra l’altare che rappresenta i valori della comunità cittadina. Per quanto io per prima ami ed apprezzi le opere d’arte che arricchiscono le nostre chiese cattoliche, non posso non cogliere e riflettere sul senso di pace e distensione che provocano queste pareti libere. Il fatto è che noi comunemente diciamo pareti spoglie, cioè spogliate, deprivate e non cogliamo la reale differenza con libere cioè pareti che ci lasciano liberi di proiettare fuori i nostri pensieri, le nostre emozioni, invece di attrarci e parlarci, di penetrarci, col significato delle loro immagini. Mi è piaciuta moltissimo.

La salita al Castello e le scale interne sono state così faticose da farmi perdere il gusto della cosa. Comunque, se fossi Madame de Staël mi adatterei subito visto il bel lago, il bel fiume e il bel panorama.

C.G.