Condividi su:

Dura battaglia sul canone Billag oggetto della prossima votazione popolare del 4 marzo. Premettiamo che una differenza tra gli operatori pubblici e quelli privati dovrebbe riguardare il metodo di finanziamento: non sarebbe del tutto sbagliato se gli operatori pubblici si finanziassero solo con i canoni proponendo programmi senza pubblicità, mentre le TV commerciali offrissero programmi finanziati con le interruzioni pubblicitarie.

Fino al 1997, la Radiotelevisione svizzera incassava direttamente le relative tasse dagli utenti; nel 1998 incaricò una società creata all’uopo, “Billag SA” – Ufficio svizzero di riscossione dei canoni per la ricezione dei programmi radiofonici e televisivi – da qui il nome dell’iniziativa “No Billag” – nobillag.ch. Fino a quest’anno, chi possedeva un televisore e/o una radio pagava una tassa annua – per radio e televisione di Fr. 451.-. Una modesta tassa era applicata alle grandi aziende soltanto. Chi non aveva televisore e/o radio non pagava nulla.

Nel 2014, governo e parlamento modificavano la legge sulla Radiotelevisione nel senso che, a partire dal 2019 tutti i focolari domestici in Svizzera, se composti da una famiglia di 20 o di una persona soltanto, anche senza radio e televisore, dovranno pagare la tassa di Fr. 451.- Inoltre la tassa verrà applicata anche alle aziende medie con un aumento considerevole. Contro questa modifica di legge fu chiesto il referendum; nel 2016 la nuova legge fu approvata con il 50,08% dei voti, cioè con una maggioranza risicata.

Visto questo risultato strettissimo, il gruppo dei giovani del partito liberaldemocratico svizzero ha elaborato l’iniziativa “No Billag” che prevede l’abolizione completa di questa tassa ed il divieto per la Confederazione (ma non per cantoni e comuni) di finanziare emittenti radiotelevisive. Quando i primi sondaggi hanno visto i sì in vantaggio, la ministra Leuthard annunciava la riduzione dell’importo per i privati a Fr. 365 l’anno, ma la proposta di ridurre della metà il canone, proposta che verosimilmente avrebbe potuto accontentare la maggioranza dei cittadini, non fu accettata dal Parlamento.

I fautori dell’iniziativa che chiede l’abolizione del canone radiotelevisivo prevedono che nelle tasche delle economie domestiche resterebbero ogni anno 451 franchi in più da spendere liberamente. L’attuale abbonamento obbligatorio per determinati prodotti mediatici rappresenta, secondo i promotori, una limitazione inaccettabile del diritto all’autodeterminazione dei cittadini. L’abolizione del canone obbligatorio Billag sgraverebbe in particolare le famiglie e le persone con redditi modesti, e significherebbe inoltre una più ampia libertà di scelta.

Oltre a stimolare l’economia svizzera, sempre secondo i promotori, l’abolilizione del canone obbligatorio, porterebbe ad una Società Svizzera di Radiotelevisione – SSR, libera e indipendente. Attualmente il Consiglio federale stabilisce l’importo del canone Billag, rilascia la concessione alla SSR e nomina direttamente alcuni membri del consiglio d’amministrazione della società. Sussiste dunque un rapporto di dipendenza malsano tra la SSR e lo Stato. Abolire il canone obbligatorio Billag significa consentire ai media – e quindi anche a una SSR libera – di esercitare il proprio ruolo di «quarto potere» e di seguire con occhio critico l’operato della potente classe politica senza dover temere di perdere una grossa fetta delle proprie entrate.

Il Comitato promotore critica inoltre la gestione oculata dei proventi del canone con una responsabilità particolare dello Stato. I salari spropositati versati dalla SSR, come quello del suo direttore generale (536 314 franchi nel 2016, maggiore di quanto riceve un consigliere federale), sono un affronto per il contribuente costretto a pagare il canone obbligatorio.

Gli argomenti contrari (tutti i partiti politici – decisione UDC ancora pendente – associazioni professionali dei giornalisti, Radiotelevisione Svizzera, la maggioranza delle radio e televisioni private, OSE) a cui si é unito il Consiglio federale il quale raccomanda di respingere l’iniziativa, si chiedono come potebbe la Svizzera illustrare efficacemente il posto particolare che occupa nello scacchiere politico internazionale, il suo impegno in favore della pace e della libertà, nonché la sua posizione nei confronti dell’UE e della libera circolazione delle persone?

I proventi del canone sono destinati alle emittenti radiotelevisive che adempiono il mandato costituzionale di servizio pubblico. A livello nazionale e nelle quattro regioni linguistiche esso è affidato alla SSR1, a livello locale e regionale a emittenti private. Tutte queste emittenti sono titolari di una concessione della Confederazione che precisa il loro mandato.

Come sancito nella Costituzione federale, la radio e la televisione devono contribuire all’istruzione, allo sviluppo culturale, alla formazione delle opinioni e all’intrattenimento, tenendo conto delle particolarità del Paese e dei bisogni dei Cantoni. In un Paese eterogeneo e con quattro lingue nazionali come la Svizzera la pubblicità e le sponsorizzazioni non bastano a finanziare questo tipo di trasmissioni. Per coprire i costi è quindi riscosso un canone radiotelevisivo.

E gli svizzeri residenti all’estero, come possono ricevere un’informazione di qualità, equilibrata e adeguata su ciò che accade nel loro Paese? Grazie alla Società svizzera di radiotelevisione SSR e al cosiddetto mandato per l’estero, in cui rientra anche swissinfo.ch.

Da quando sono passati all’offensiva, il canale televisivo russo Russia Today, la televisione cinese CCTV ed i canali arabi Al Arabia e Al Jazeera diffondono fake news antidemocratiche allo scopo di manipolare l’opinione pubblica internazionale. L’obiettivo è quello di destabilizzare la comunità mondiale servendosi della comunicazione, per imporre il punto di vista dei loro mandanti e finanziatori. Più i dittatori di questo mondo investono nei loro canali di diffusione e nei loro siti web destinati all’estero, più la propaganda in Internet diventa pericolosa.
La BBC e Deutsche Welle in risposta hanno intensificato la propria offerta giornalistica, poiché Londra e Berlino hanno riconosciuto l’importanza del soft power dei media nella corsa alla sovranità mondiale in materia di comunicazione.

questo il testo in votazione:
Decreto federale concernente l’iniziativa popolare «Sì all’abolizione del canone radiotelevisivo (Abolizione del canone Billag)» del 29 settembre 2017
L’Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l’articolo 139 capoverso 5 della Costituzione federale1; esaminata l’iniziativa popolare «Sì all’abolizione del canone radiotelevisivo
(Abolizione del canone Billag)», depositata l’11 dicembre 20152; visto il messaggio del Consiglio federale del 19 ottobre 20163, decreta:
Art. 1
1 L’iniziativa popolare dell’11 dicembre 2015 «Sì all’abolizione del canone radiote -levisivo (Abolizione del canone Billag)» è valida ed è sottoposta al voto del Popolo e dei Cantoni.
2 L’iniziativa ha il tenore seguente:

La Costituzione federale è modificata come segue:
Art. 93 cpv. 2–6
2 Ex capoverso 3.
3 La Confederazione mette periodicamente all’asta concessioni per la radio e la televisione.
4 La Confederazione non sovvenziona alcuna emittente radiofonica o televisiva. Può remunerare la diffusione di comunicazioni ufficiali urgenti.
5 La Confederazione o terzi da essa incaricati non possono riscuotere canoni.
6 In tempo di pace la Confederazione non gestisce emittenti radiofoniche e televisive proprie.