Si avvia alla conclusione la mostra “Sicilia, il Grand Tour” ospitata, fino a domani 22 luglio a Palazzo Cipolla a Roma.
La mostra, inaugurata l’8 maggio presenta una raccolta di acquerelli di Fabrice Moireau raccontati da Lorenzo Matassa, nel volume omonimo nato con l’intento di raccontare i paesaggi siciliani come fossero degli acquerelli.
L’esposizione raccoglie circa 400 opere a colori del “pittore dei tetti di Parigi”, concesse dalla Fondazione Dragotto, che tracciano un nuovo percorso goethiano: tra Settecento e Ottocento, illustri viaggiatori del Nord Europa, inglesi, tedeschi, francesi, russi e di altre nazioni, superarono mille difficoltà per scoprire paesaggi disegnati dalla natura e rileggere ciò che l’antichità e l’arte avevano consolidato in monumenti d’immenso valore e hanno offerto il proprio sguardo e la propria sensibilità per raccontare la Sicilia al mondo intero attraverso i loro diari, nelle loro parole la Sicilia è il luogo della definitiva crescita conoscitiva ed emozionale; grazie alla loro passione nasceva il “Grand Tour” e Goethe ne era il massimo profeta.
“Fabrice Moireau si è diplomato all’Ecole Nationale Supérieure des Arts Appliqués et des Métiers d’Art. (…) Acquarellista, scenografo e (…) autore di libri illustrati, dai suoi numerosi viaggi: Cina, Marocco, Egitto, Italia, Portogallo, Stati Uniti, Ungheria, Regno Unito, Turchia, Giappone, ha riportato nei suoi taccuini, schizzi di vere e proprie testimonianze culturali ed etnografiche. La sua passione per il patrimonio architettonico, i paesaggi più caratteristici e singolari, i giardini e le piante, lo porta a cercare di tradurre per mezzo dell’acquerello – sempre realizzato a partire dalla natura – la sottigliezza dei giochi di luce e a trasmettere l’atmosfera di una città, di una via, di un paesaggio, di un corso d’acqua”. Come lui stesso afferma: “Disegnare, è prendere il tempo per sperimentare lo spirito di un luogo per stabilire un contatto con la gente, ma anche osservare con attenzione i dettagli di un palazzo o un piatto di sushi di cui ricordarsi.”