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Nel suo rapporto d’attività pubblicato in data odierna l’Incaricato federale della protezione dei dati constata una diffusa indifferenza verso la protezione dei dati dei cittadini e una crescente scarsa considerazione della sfera privata. Le lacune che compaiono di frequente nell’ambito del trattamento dei dati sensibili e la tendenza in corso in Europa nello screditare il diritto della popolazione alla cifratura dei loro dati facendolo passare per un abuso della libertà dimostrano questa evoluzione.

Il 28 giugno 2022, l’Incaricato federale della protezione dei dati e per la trasparenza Adrian Lobsiger, ha pubblicato il suo rapporto d’attività per il periodo dal 01 aprile 2021 al 31 marzo 2022. Anche nell’anno esaminato dal rapporto la lotta al COVID ha ancora limitato fortemente la libertà e la sfera privata della popolazione. Dalla prospettiva della protezione dei dati la Svizzera digitale con l’app COVID e il certificato COVID, compresa la sua versione light, possono essere comunque considerati un successo. L’impostazione decentralizzata, con un utilizzo parsimonioso dei dati, ha permesso di evitare il trasferimento di dati dei cittadini all’Amministrazione federale. La Confederazione può ora riprendere questa formula vincente nella nuova edizione di un’identità elettronica riconosciuta dallo Stato (e-ID).

Al contempo la Svizzera digitale si lecca le ferite causate dall’esercizio fallimentare dal profilo tecnico e organizzativo di determinate applicazioni relative al contact tracing o di registri sulle vaccinazioni, le donazioni di organi o le protesi mammarie. Dopo che il giornalismo investigativo ha individuato lacune tecniche allarmanti, le procedure di vigilanza dell’IFPDT hanno portato alla luce ulteriori lacune in particolare in merito alla qualità dei dati personali trattati.

Discreditare il diritto di cifrare i dati facendolo passare per abuso di libertà

L’IFPDT constata con preoccupazione che nel frattempo in Europa anche i governi e le autorità di sicurezza rivendicano un accesso preventivo alla comunicazione individuale dei loro cittadini. Essi prevedono che in futuro, nell’ambito della vigilanza, lo Stato abbia accesso, senza dover dapprima ottenere un’autorizzazione giudiziaria nel singolo caso, al contenuto del traffico di dati delle app di messenger e delle mail, comprese le immagini. Come spesso accade anche questo massiccio attacco alla privacy dei cittadini è stato giustificato con la lotta al terrorismo e alla pedocriminalità. Per attuare il loro obiettivo di vigilanza, i promotori vorrebbero vietare ai privati di cifrare efficacemente la propria comunicazione individuale nei confronti di tutti, cosa che l’Incaricato respinge. Egli fa notare che la criminalità è intrinseca nella società. Lo Stato di diritto non può rimproverare ai cittadini che, impiegando per qualsivoglia motivo software di crittografia, si oppongono all’autoincriminazione auspicata delle Autorità, di abusare della loro libertà.

Nuovi ostacoli all’attuazione del principio della trasparenza.

Nell’ambito del principio della trasparenza, I’IFPDT constata un costante aumento del numero di domande di accesso e di mediazione che lo pone di fronte a problemi per quanto concerne il rispetto dei termini, visto il numero di casi arretrati a causa della pandemia. Inoltre in parti dell’Amministrazione si nota la tendenza a complicare la procedura informale di mediazione dinanzi all’IFPDT con eccezioni formalistiche. Questo rende ancora più difficile ridurre il numero di casi arretrati.

fonte: Incaricato federale della protezione dei dati e per la trasparenza
foto: pixabay