Condividi su:

La rubrica Antologia propone un viaggio letterario sulla Svizzera, su come è stata percepita e conosciuta al di fuori dei suoi confini e come lei stessa ha visto il mondo che la circondava. La nostra curiosità si sofferma oggi sul libro “Reisen in verscheidene Provinzen des Königreichs Neapel” di Carl Ulysses von Salis Marschlins (1762 – 1818, Landquart, Canton Grigioni, Svizzera). Salis Marschlins fu un giurista ma anche un appassionato naturalista ed attivo come botanico ed entomologo e autore di studi su agricoltura ed economia. Come molti suoi contemporanei viaggiò in Italia, nell’allora Regno di Napoli, dalla Puglia all’Abruzzo, descrivendo in modo diretto e netto i luoghi nelle loro caratteristiche geologiche e morfologiche ma soffermandosi anche su colture e produzioni praticate, sui centri abitati e sulle popolazioni che incontra sul suo cammino con le loro caratteristiche culturali, sociali ed economiche, dando uno spaccato nitido e razionale di quanto si presenta ai suoi occhi.
Proponiamo alcuni stralci del libro nella sua edizione inglese per scoprire alcune zone d’Italia viste con gli occhi di un illuminista attratto dalle particolarità della Penisola, in particolare ci caleremo nella città di Matera e nella campagna circostante.

“Travels through various provinces of the Kingdom of Naples in 1789” di Charles Ulysses von Salis Marschlins tradotto da Anthony Aufrere del 1795.

Matera, Basilicata – prima parte

Nel viaggio da Gravina (Gravina in Puglia, Puglia) a Matera dopo aver superato una montagna, sono arrivato in una pianura la cui superficie vegetale poggia su argilla e tufo. A tre miglia da Gravina sono entrato in una foresta di querce appartenente al Duca di Gravina, tre miglia di larghezza, e in cui pascolava un gran numero di bovini. Probabilmente il suolo di questa foresta era un tempo il letto di un torrente perché è composto da una sabbia grossolana mescolata a pietre rotonde.

Dopo aver lasciato il bosco ho attraversato, per due miglia, alcuni campi di grano pianeggianti e sono sceso a Picciano (Basilicata) dove il tufo riappare sotto l’argilla e si dice che sia impregnato di salnitro. Ho percorso il letto di un torrente e, per un’ora, sono salito su per una collina tufacea intersecata in modo singolare, in tutte le direzioni da venature sporgenti; e sotto di essa, non lontano da Matera, è estratto uno spesso tufo che ben si adatta all’edilizia. Le pietrificazioni corrispondono a quelle di Andria e Molfetta(Puglia).

Dopo un viaggio di dodici miglia ho raggiunto Matera, la capitale della Basilicata, la sede di un tribunale e la residenza di un arcivescovo. Sebbene questa città non sia stata fondata prima dell’ottavo secolo, le colonne di granito con i capitelli corinzi, presso la grande porta del palazzo arcivescovile e all’esterno della chiesa (Cattedrale di Matera), sembrano indicare l’esistenza di una città, qui o nei dintorni, di maggiore antichità poiché non ci sono colonne simili all’interno della chiesa che è stata costruita nel 1270, quelle all’esterno furono probabilmente scoperte in seguito.

Matera è situata, come Gravina, in una valle profonda 300 piedi, i fianchi delle colline sono pieni di caverne, una sopra all’altra. Sembra davvero che le grotte siano state abitate dalle epoche più remote perché le case sembrano appartenere al XV secolo e tra le grotte non ci sono solo chiese, una delle quali chiamata Santa Maria dell’Abbondanza, ma anche conventi, molti dei quali sono ancora da individuare. In generale le classi sociali più basse abitano ancora queste grotte, alcune delle quali sono scavata molto regolarmente e alle quali loro aggiungono come ad Ariano, un’appendice, una tettoia, con pareti, porta e finestre. Ne ho visitate la maggior parte, anche se non sena pericolo, perché se avessi fatto un passo falso, sarei inevitabilmente nel precipizio e mi sarei fatto in pezzi, né potevo fare ameno di rabbrividire all’idea che cos’ tante migliaia di persone, per così tante epoche, erano state continuamente esposte a tali pericoli.

Ho trovato il tufo pieno di pietrificazioni e ho raccolto alcune belle terebratulae, echinidi con le loro spine, pectinidi e aliotidi, ma non ho potuto trovare né chamidi né ostree che tuttavia abbondano ad Andria. Ho osservato diversi strati rotondi di calcare duro racchiusi in questo tufo, il cui interno deve essere estremamente tenero poiché sembra che i primi abitanti vi abbiano eseguito degli scavi senza l’aiuto di utensili in ferro; una sorta di coltello in selce e asce, come quelle usate ora dalle nazioni selvagge, sono state trovate in queste caverne. Questo tufo è anche impregnato di salnitro, che trasuda ovunque sia esposto al sole e, sebbene le caverne esposte a nord siano molto umide, il tufo quando viene rotto, essiccato e pestato, fornisce una quantità sufficiente di salnitro.

Molte delle innumerevoli caverne sulle sponde ripide delle gravine della Grava e della Gravitella sono considerate inaccessibili ma i contrabbandieri si calano con delle funi e di solito vi trovano delle grandi grumi di salnitro che, una volta purificato, è chiamato Camfora per la sua somiglianza esteriore con la canfora. Questi contrabbandieri sanno meglio degli appaltatori come sfruttare il vantaggio che la natura ha donato a questo paese dandogli il salnitro spontaneo.

Fine prima parte

foto: pixabay

trad. MdP