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Quanto può influire un’invenzione tecnica sul modo in cui guardiamo il mondo? Cosa è accaduto alla pittura e alla scultura quando a metà Ottocento la fotografia arriva a sconvolgere il concetto stesso di arte? Cosa ne è dell’opera d’arte “nell’epoca della riproducibilità tecnica”, arrivata oggi alle estreme conseguenze, in un mondo in cui siamo sommersi dalle immagini? Una mostra traccia una risposta.

L’esposizione “Arte e arti. Pittura, grafica e fotografia nell’Ottocento” – proposta dal 20 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020 alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, a Rancate nel Canton Ticino – ripercorre le tappe dell’affermarsi dell’invenzione della fotografia e il suo rapporto con altre forme di “riproduzione”, conosciute da secoli e legate all’incisione.

Il 7 gennaio 1839 all’Accademia delle Scienze di Parigi veniva presentata ufficialmente la scoperta della fotografia, merito di Niépce e Daguerre. Per molti decenni un pregiudizio tuttavia aleggiò nei confronti della nuova tecnica: con l’arte si crea, con la fotografia si riproduce solo meccanicamente. Essa darà invece origine a un nuovo modo di rapportarsi al reale e molti saranno i pittori che sapranno farne un uso originale.

L’epicentro dello scontro ideologico, o dell’utile connubio, tra obiettivo e pennello, è collocato in Francia, laddove è nata la fotografia. L’esposizione entra quindi nel vivo della questione con una carrellata di opere di artisti attivi tra Arras e Barbizon e approfondisce il discorso con esempi offerti da noti pittori ticinesi e italiani.

L’intera esposizione si snoda su un binario doppio: una “linea” riservata ai dipinti, una parallela, alle fotografie (con importante presenza di originali) che ricostruiscono il processo creativo seguito dagli artisti.

Un tema affascinante, indagato anche attraverso la presenza di numerosi inediti da collezioni private, che questa rassegna ha il merito di far scoprire al grande pubblico.

La mostra propone un confronto serrato e stimolante tra fotografie, dipinti, incisioni, disegni, libri, permettendo di ricostruire il processo creativo seguito dagli artisti e di comprendere come quella di metà Ottocento fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vedere la realtà e di diffondere conoscenze e informazioni da cui non ci sarebbe stato ritorno.

È ad uno straordinario artista che di questa transizione fu protagonista, Jean-Baptiste-Camille Corot, che è riservato un originale omaggio, con una suite d’eccezione di suoi cliché-verre, punto di trasmutazione tra fotografia e arte figurativa. Oggi rarissimi, essi sono letteralmente “immagini di vetro”, visioni dal grande fascino.

Un’apposita sezione documenta tecniche e strumenti a supporto della riproduzione delle immagini: macchine fotografiche e lastre d’epoca, stereoscopio, ma anche pietra litografica, tavola silografica, rame.

Fonte e foto: www.ti.ch