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rifugiati
Sempre più numerosi gli immigrati che vengono rispediti in Italia, clandestini sfuggiti all’identificazione, ma la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) chiede garanzie prima del trasferimento ammissibile, in virtù del regolamento Dublino del 2003 che obbliga l’immigrato a rimanere nel Paese di primo ingresso in area Schengen, affinché possa essere completata la procedura per l’esame della domanda d’asilo.

L’Ufficio federale della migrazione (UFM) per mancata competenza non entrava nel merito della domanda d’asilo ed ordinava ad una famiglia afghana giunta in Svizzera nel novembre del 2011 attraverso l’Italia e l’Austria il trasferimento in Italia, che riconosceva esplicitamente la sua competenza per la procedura d’asilo, assicurando di mettere a disposizione un alloggio adatto alle esigenze della famiglia. Dopo la conferma della decisione d’allontanamento da parte del Tribunale amministrativo federale, il 10 maggio 2012 la famiglia afghana presentava ricorso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (EDU) per violazione del divieto di tortura (art. 3 CEDU), del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) e del diritto a un ricorso effettivo (art. 13 CEDU). La Corte EDU conferiva effetto sospensivo al ricorso, imponendo alle autorità svizzere di non trasferire la famiglia afghana in Italia per la durata del procedimento.

Il 24 settembre 2013 la Camera competente della Corte EDU ha deferito il caso alla Grande Camera. Un caso può essere trasferito alla Grande Camera se solleva un’importante questione d’interpretazione della CEDU o se la decisione può scostarsi da una sentenza precedente della Corte EDU. La Grande Camera ha ora constatato che il trasferimento in Italia violerebbe il divieto di tortura o di trattamenti o pene inumani o degradanti (art. 3 CEDU) se la Svizzera non chiede prima all’Italia garanzie in merito a un’assistenza dei bambini conforme alla loro età e al mantenimento dell’unità della famiglia.

La Svizzera deve così ottenere dall’Italia la garanzia che i bambini siano assistiti in modo conforme alla loro età e che sia mantenuta l’unità della famiglia. L’Ufficio federale di giustizia (UFG), che rappresenta la Svizzera dinnanzi alla Corte EDU, ha preso atto con interesse della sentenza. Ora chiederà all’Italia le pertinenti garanzie.