Condividi su:

Una libera interpretazione su come ci vedono gli italiani.
“Sono svizzero”, “Svizzero? No, Novi! L’hai capita? Bellina, vero?”. Fantastica, forse me l’hanno detta in un altro paio di occasioni ma mi diverte ogni volta riascoltarla. Da quando è uscita quella stramaledetta pubblicità della marca di cioccolato italiano Novi, nessuno fra noi è riuscito a mettersi al riparo da questa banale e squallida battuta. È proprio la prima cosa che balza in mente a chiunque viene a sapere per la prima volta della nostra nazionalità.
UGS_logo
Passi una battuta sugli orologi, passi una battuta sulle banche, passi una qualsiasi altra battuta sulla cioccolata, ma non questo. Già, perché non possiamo sottrarci ad un qualche scherzoso ammiccamento riguardo le nostre specialità nazionali. Ma questo scherzo ormai (tutto italiano, fra l’altro), ha sfociato nel ridicolo. Certo, però, come dar loro torto: ognuno crede in questo modo di essere un gran simpaticone e probabilmente di essere anche il primo a formulare un pensiero dalla simpatia così fine.

Ma non sono tutti così, vero? Ci sono quelli che hanno la geniale idea di fare accostamenti con altri luoghi comuni e chiedono con lo sguardo interessato ed esperto di chi la sa lunga: “E da quale dei quattro cantoni sei originario?”. A questo punto sarebbe divertente domandare se il suddetto interlocutore potesse gentilmente farne un elenco. Ma spesso gli si risparmia questa vergogna, anche perché, nove volte su dieci, dopo aver detto quello italiano, quello francese e quello tedesco si blocca come se il problema fosse sempre stato in evidenza a sua insaputa. Sfatiamo subito un mito: la Svizzera è divisa ufficialmente in 26 cantoni. Quattro, sono le lingue nazionali, visto che dal 1938 anche il romancio è una di queste. E lo ‘svizzero’ (schwyzerdütsch) non è annoverato tra queste ma è la lingua che raccoglie i dialetti tedeschi parlati in Svizzera.

Una volta specificato questo, il povero malcapitato, cerca invano di riassestare quel poco di aria intellettuale che credeva di aver assunto all’inizio della conversazione, dicendo: “Vabbè, dovunque siano e comunque parlino, gli svizzeri hanno fama di essere tutti precisi. A proposito: il tuo orologio da polso. Immagino sia svizzero, no?”. Finalmente qualcosa che davvero molti svizzeri hanno in comune. Certo, forse non tutti tutti, ma la maggior parte di noi non disdegna portare un bell’orologio di fattura svizzera.

Uno dei luoghi comuni che possono maggiormente irritarci è il fatto che si pensi che siamo tutti ricchi banchieri e della peggior specie, per giunta, visto che tutti i profitti delle ‘nostre’ banche (le nostre di chi? Le mie no di certo…) sarebbero basati sul denaro di mafiosi e importanti esponenti della criminalità organizzata mondiale. Prima però di fare certe considerazioni, invito a riflettere su questo argomento: ammesso e non concesso che sia vero, da dove verrebbero tali capitali? Per fare un esempio, nel 2012, si stimava che fossero stati depositati tra i 120 ed i 180 miliardi di euro da italiani in conti anonimi delle grandi banche svizzere (cfr. Corriere della Sera online, “Sanzioni dimezzate e depenalizzazione per chi riporta i capitali in Italia”, 27 ottobre 2013,
http://www.corriere.it/economia/13_ottobre_27/sanzioni-dimezzate-depenalizzazione-chi-riporta-capitali-italia-2e3ed1b4-3ed5-11e3-849f-64e2eb8e7cda.shtml). Senza contare che la maggior parte di queste banche, ormai, ha dirigenti ed amministratori americani.

Un’ultima parola per tutti quelli che appena ci conoscono un po’ meglio dicono: “Dai retta a me: vattene da questo paese appena ti si presenta l’occasione.” Beh, tutto quello che posso fare è ricordarvi che siamo anche italiani. Siamo svizzeri di seconda generazione, la maggior parte di noi ha trascorso tutta la vita qui, è andato a scuola qui, ha tanti amici qui, magari anche la ragazza. Lo sappiamo da noi che la situazione economico-sociale è molto più florida oltralpe, ma questa è comunque casa nostra. Chi ne ha la possibilità, magari ci andrà a studiare o a lavorare, forse anche per sempre, ma non siamo contenti di essere costretti a prendere seriamente in considerazione il vostro suggerimento. Dovunque andremo, una parte del nostro cuore lo lasceremo qui, da qualche parte fra Bolzano e Catania, fra Ventimiglia e Trieste. Perché sarà sempre anche casa nostra.

David Coli Affolter
unionegiovanisvizzeri@gmail.com