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Gli strumenti del processo penale minorile in Italia ed in Svizzera: comprensione, protezione e responsabilizzazione dei ragazzi per il benessere della società ne parleremo con Cécile Nosal, mercoledì 6 giugno alle ore 18,30. Appuntamento all’Hotel Victoria, via Campania, 41 – Roma per i dialoghi del mercoledì al Circolo.

Prevenire è meglio che curare. Questo vecchio detto può sembrare banale, ma sempre più Paesi agiscono attraverso la prevenzione per garantire la sicurezza sociale, con sistemi di intervento assistenziale in grado di operare capillarmente sul territorio.

Nell’ambito di un processo penale, quando è ormai troppo tardi per la prevenzione, la “cura” di solito è la sanzione penale, intesa in primo luogo come punizione e solo in seconda battuta come strumento per rieducare il condannato.

Se questa concezione è valida per gli adulti, con riguardo minori indagati o imputati si è via via affermata, a partire dagli anni Ottanta, un’ideologia improntata sull’assistenzialismo e l’educazione.

L’idea che la sanzione penale debba in primo luogo aiutare ed educare il ragazzo che ne è destinatario comporta numerose differenze tra il processo minorile e quello ordinario.

Il processo diventa infatti la sede per conoscere il ragazzo, la sua storia familiare e le sue abitudini di vita, in modo da “prenderlo in carico” e non semplicemente “sanzionarlo”.

Se nei confronti degli adulti il processo penale verte unicamente sul fatto di reato, in ambito minorile la personalità del reo assume rilievo centrale: la tesi parte dalla convinzione che ciascun ragazzo può essere recuperato alla legalità attraverso interventi mirati e personalizzati, attuati con l’uso di strumenti che anche lui è in grado di comprendere e maneggiare.

Un primo elemento caratteristico dei sistemi di giustizia penale minorile è costituito dalle giurisdizioni specializzate: giudici (e procuratori) che si occupano esclusivamente dei minorenni.
In Svizzera, a differenza che in Italia, la giurisdizione minorile è ispirata a un principio di continuità nella presa in carico e di personalizzazione della sanzione. Ciò significa che l’autorità inquirente si occupa anche di sorvegliare l’esecuzione della sanzione e, nei casi meno gravi, è chiamata anche a pronunciare la condanna (sulla base del principio per cui è giusto che a decidere sia un soggetto che conosce bene il ragazzo).

In Italia la giurisdizione minorile si ispira a principi diversi, che privilegiano i profili dell’imparzialità e della specializzazione. Solamente i giudici possono essere chiamati a prendere una decisione di merito e operano come organi collegiali a composizione mista tra giudici in carriera ed esperti di biologia, psichiatria, psicologia, pedagogia o di antropologia criminale.

Un secondo principio che caratterizza i sistemi di giustizia penale minorile è l’impegno a evitare che il ragazzo coinvolto nel processo si senta etichettato dallo Stato come “criminale”.

Sia in Italia che in Svizzera la celebrazione del processo è l’ultima risorsa a disposizione dello Stato ed anche quando si deve arrivare a una condanna, si tende a dare la precedenza a sanzioni alternative da svolgere nella comunità, che comportano una messa alla prova o un impegno in favore delle vittime.

Sotto il profilo della limitazione del ricorso al processo, l’ordinamento svizzero consente già a chi compie le indagini di rinunciare all’esercizio dell’azione penale sia nelle ipotesi di commissione di un fatto particolarmente lieve, sia anche a seguito del fruttuoso esperimento di una mediazione, una riparazione o una conciliazione con le vittime del reato.

Nell’ordinamento italiano invece tali strumenti di risoluzione alternativa sono sempre di competenza del giudice e consistono nella sospensione del procedimento con messa alla prova o, nei casi di minore gravità, nel proscioglimento dell’imputato, eventualmente subordinato all’azione riparatoria nei confronti della vittima. Nel primo caso viene elaborato un piano individuale con specifici obblighi, anche riparatori, da superare per ottenere l’estinzione del reato.

Per quanto riguarda le sanzioni vere e proprie (ossia pronunciate a seguito della condanna), in Italia si applicano le stesse previste per gli adulti, con alcune differenze nei requisiti di accesso e nelle modalità attuative.

Una situazione criticata in passato dalla Corte Costituzionale, che ormai da decenni esorta il legislatore a individuare sanzioni specifiche per i più giovani.

Al contrario, la Svizzera dal 2007 ha un catalogo di sanzioni specifiche per i minorenni, pensate per tutelare ed educare i ragazzi autori di reato. Alle pene in senso stretto si affiancano misure educative e terapeutiche che, se necessario, possono affiancare o sostituire la pena. A seconda del grado di necessità del ragazzo, le misure di protezione possono prevedere l’affidamento alla sorveglianza dei genitori o di un professionista oppure il collocamento in istituti di cura.

Tra le pene in senso stretto (ammonizione, multa, prestazione personale e pena detentiva) spicca l’applicazione della prestazione personale. Nel 2016, su un totale di circa 12.000 condanne, 5.600 ragazzi sono stati sottoposti a tale sanzione, mentre solo 771 ragazzi sono stati condannati a una pena detentiva. Anche l’ammonizione, che consiste in un rimprovero eventualmente subordinato a un periodo di prova, ha avuto ampia diffusione e ha coinvolto più di 3.000 ragazzi sempre nel 2016.

Tutta l’attività di comprensione delle necessità dei ragazzi, di elaborazione di percorsi educativi personalizzati e di controllo sul loro andamento non potrebbe esistere senza i servizi minorili.

In Italia è fondamentale il ruolo svolto dagli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni, che si occupano esclusivamente di minorenni indagati, imputati o condannati. Fin dal primo momento i ragazzi vengono presi in carico da un operatore specializzato che ne valuta i bisogni ed il comportamento, predispone un percorso specifico e coordina l’azione istituzionale con i servizi locali ed il privato sociale.

In Svizzera invece la situazione dei servizi minorili cambia a seconda del Cantone. In alcuni casi i ragazzi sono affidati ai servizi di protezione dell’infanzia, in altri alle autorità di assistenza riabilitativa, in altri ancora a figure professionali dipendenti dal tribunale, denominate “educatori”.

Le soluzioni alternative alla detenzione sono diffuse non solo grazie ai principi nazionali e internazionali, ma anche perché in entrambi gli ordinamenti i minorenni sono generalmente autori di reati che non implicano una violenza contro le persone.

Se guardiamo alla Svizzera scopriamo che si registra una netta prevalenza dei reati legati agli stupefacenti (con 5.800 condanne nel 2016), seguiti dal furto (2.700 condanne) e dalla violazione delle norme sulla sicurezza stradale (1.400 condanne). Solo 166 sono state invece le condanne per il reato di rapina e 47 per lesioni personali gravi.

Nel contesto italiano al 15 marzo 2017 circa 19.400 ragazzi erano in carico agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni per reati contro il patrimonio, 10.000 erano coinvolti in reati contro la persona e 4.000 erano reati legati agli stupefacenti.

La buona notizia è che l’impegno per la costruzione di una giustizia con al centro ciascun ragazzo dà risultati positivi: sia in Italia che in Svizzera circa il 70% dei minori coinvolti nel circuito penale non è recidivo. Ciò significa che l’impegno per dare una risposta istituzionale più vicina al concetto di cura – intesa come interessamento e attenzione oltre che, se necessario, come terapia – che a quello di punizione garantisce non solo un futuro migliore per i ragazzi coinvolti, ma anche una società più sicura.

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Cécile Nosal é nata a Roma, di origini svizzere. Nel luglio 2016 ha conseguito con lode la Laurea in giurisprudenza presso l’Università LUISS Guido Carli, discutendo una tesi in diritto penale comparato dal titolo “Le alternative alla detenzione nei confronti dei minorenni autori di reato. Analisi comparata tra ordinamento italiano e alcune realtà cantonali della Svizzera francofona”.

Tra agosto e ottobre 2016 ha approfondito lo studio del diritto minorile con uno stage presso la Juvenile Court di Denver, in Colorado (USA).

Rientrata in Italia a novembre del 2016, ha svolto un tirocinio formativo presso il Tribunale di Milano (sezione reati economici, tributari e fallimentari) e nel dicembre del 2017 ha concluso un Master di II livello in Diritto Penale d’Impresa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Attualmente lavora come avvocato praticante presso lo Studio Legale Associato Centonze a Milano, specializzato in diritto penale dell’economia e dell’ambiente.